Perdonerete se nella foto allegata a questo post trovate anche un primo piano del suo autore (sia del post, sia della foto): non si tratta tanto di vanità, quanto di dar libero sfogo alla piccola soddisfazione per aver, una volta tanto, risparmiato la fatica di cercare un’immagine adatta, avendola catturata esattamente nel luogo della storia che sto per raccontare.
Quel dipinto contiene in sé un’intera epoca, perché rappresenta una scena realmente accaduta.
Il 30 luglio del 1992, trent’anni fa, il capo della Repubblica democratica tedesca Erich Honecker trascorre la sua prima notte in carcere. Anzi, no: in quello stesso istituto di Moabit, a Berlino, era stato già rinchiuso sessant’anni prima, negli anni Trenta, quando era un giovanissimo oppositore del nazionalsocialismo in prepotente ascesa.
Honecker non era una persona qualunque. Aveva fatto carriera nel partito comunista della Ddr fino a diventare il capo politico della Germania dell’est dal 1971 al 1989, l’anno in cui tutto finì.
Scuserete un’altra nota autoreferenziale: io nel 1971 sono nato e nel 1989 sono diventato maggiorenne, dunque tutta la mia gioventù è trascorsa con la presenza nei telegiornali di quest’uomo grigio, a mia memoria incapace di un sorriso. Voi lo capite, ragazzi di oggi, come siamo cresciuti noi cinquantenni?
D’accordo, devo spiegarvi un po’ chi fosse questo signore.
Honecker viene costretto a dimettersi pochi giorni prima della caduta del Muro di Berlino e quando la Germania inizia il processo di riunificazione finisce alla sbarra per iniziativa della Procura distrettuale di Berlino.
Si potrebbe banalizzare il tutto dicendo che la Storia aveva completato il suo giro e che Honecker, come sessant’anni prima, venisse accusato di comunismo.
In realtà i magistrati lo consideravano mandante di 49 omicidi, il numero delle persone uccise dal 1971 al 1989 mentre cercavano di superare il Muro di Berlino, passando da est a ovest.
La Germania dell’Est è una feroce dittatura legatissima a Mosca, diretta da un partito comunista ortodosso e forte di un apparato repressivo fondato sulla temibile Stasi, la polizia politica che si presume abbia avuto al soldo circa novantamila spie. Com’è noto, nella Ddr si formò come agente segreto anche un certo Vladimir Putin.
Se capitate a Berlino, fateci un salto al museo della Stasi: un vero orrore, un luogo in cui si documenta come bastasse indossare vestiti da punk per essere schedati e finire sotto osservazione a vita.
Erich ha anche una concezione piuttosto padronale dello Stato, non per niente la sua terza moglie Margot fu ministro dell’Istruzione per venticinque anni consecutivi.
Quando in Russia parte il processo della Glasnost, Honecker rompe con Gorbaciov e rinnega la Perestroika.
Dichiara alzando il pugno chiuso che il Muro di Berlino “starà in piedi altri cento anni”.
Ma poi la Storia lo travolge e lui finisce sotto inchiesta.
Non ci sta e fugge a Mosca assieme alla moglie. Si rifugia nell’ambasciata cilena della capitale, perché una figlia ha sposato un cileno e ha rapporti preferenziali con il paese sudamericano.
Dice di essere gravemente malato, ma tedeschi e russi lo accusano di mentire. Invece ha ragione lui, un cancro all’addome lo sta consumando.
Ma i cileni gli fanno sapere che ne hanno le tasche piene e lo cacciano dall’ambasciata, come chiesto al presidente cileno da Helmut Kohl. Viene caricato su un aereo e riportato a Berlino, dove iniziano a interrogarlo. Margot ripara in Cile, andando a vivere dalla figlia. Da latitante, perché anche per lei ci sono diversi capi d’accusa.
Ai magistrati Honecker conferma di non aver alcun senso di colpa per quei quarantanove morti e liquida la questione osservando che la difesa dei confini funziona così ovunque, se non fosse che l’ordine logico risulta invertito: casomai, a difendere i confini dovevano essere i soldati dell’ovest, dove i fuggiaschi intendevano riparare.
Il processo a Honecker viene accolto dagli osservatori con molto scetticismo. La Pravda gli chiede perdono, in Italia un intellettuale di area liberal come Piero Melograni scrive un fondo sul Corriere della Sera per esecrare quella tentazione di processare la Storia, puntando l’indice contro coloro che per decenni avevano sostenuto le politiche repressive di un personaggio pur “odioso” come Honecker per poi diventarne inflessibili accusatori.
Ma il processo non andrà avanti. La malattia del leader comunista verrà riconosciuta e Honecker raggiungerà moglie e figlia a Santiago del Cile, dove morirà due anni dopo, nel 1994.
Margot lo seguirà nel 2016, senza mai essere tornata in Germania.
E veniamo alla foto. Quel dipinto è opera del pittore russo Dmitri Prigov, che lo realizzò su quel poco che restava del Muro di Berlino nell’aprile del 1990, nel mezzo dell’entusiasmo per la fresca caduta della barriera. Ha un titolo magnifico: Dio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale.
A Prigov, qualche tempo prima, era stata mostrata la foto in cui veniva consegnato alla storia quel bacio tra il leader sovietico Breznev e Honecker, datata ottobre 1979 e scattata da un reporter francese, Régis Bossu, in occasione del trentennale della Ddr. Breznev e Honecker erano entrambi felicemente eterosessuali, ma a quei tempi i comunisti si salutavano con i tre baci sulle guance. Potevano però capitare degli sconfinamenti sulle labbra, come accadde in quella occasione.
E così quel murale, visibile ancora oggi, è passato alla storia, rappresentando nel modo più espressivo possibile il legame morboso tra quella Germania e quella Russia sovietica.
Io il mio selfie l’ho scattato a Berlino, ad aprile. La prima immagine che appare agli arrivi internazionali dell’aeroporto, come un biglietto da visita.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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