Confessare di essere ammalati di aids, negli anni ottanta, richiedeva coraggio. Avere l’Aids significava finire nel ghetto dell’emarginazione, perché di quel virus si sapeva ancora poco ma soprattutto perché chi se lo beccava veniva considerato responsabile in quanto omosessuale o drogato.
Figuriamoci quanto coraggio ci potesse volere non solo per ammettere di aver contratto la malattia, ma addirittura per promuovere una battaglia in difesa dei propri diritti, ben prima che Tom Hanks raccontasse il dramma di un contagiato nel film Philadelphia.
Anna Maria D’Adda nel 1987 aveva 29 anni. Nel marzo di quell’anno vinse la selezione per un posto di lavoro alla casa di riposo del Comune di Melegnano, dove risiedeva. Era sposata e aveva due figli.
Quando la direzione della casa di riposo esaminò le analisi cui Annamaria era stata sottoposta, le comunicò che non poteva essere assunta: era risultata positiva all’Hiv.
Donna, madre, malata di aids: in quante, nelle sue condizioni, si sarebbero chiuse in casa, rassegnandosi alla segregazione sociale?
Invece Anna Maria si rivolse alla Camera del Lavoro e trovò un avvocato, Alessandro Garlatti, che la sostenne e promosse un ricorso al Tar per impugnare la mancata assunzione.
Poi iniziò una campagna in difesa dei malati di Aids rilasciando interviste ai giornali e lasciandosi fotografare, per ribadire di non avere nulla da nascondere e di volerci mettere la faccia.
Poche settimane dopo il Tar Lombardia le diede pienamente ragione ed ebbe il suo posto di lavoro.
Le sue tracce, negli archivi dei giornali, si perdono da quel giorno.
Anna Maria aveva diritto alla sua assunzione e anche ad essere dimenticata: “Non sono un’appestata”, dichiarò al Corriere della Sera.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design