Siamo nel 1981 quando le brigate rosse decidevano, con la campagna primavera-estate, di sequestrare Ciro Cirillo, esponente di spicco della democrazia cristiana campana. Ma il Professor Senzani aveva anche altro per la testa. Dopo quel sequestro intendeva chiudere i conti con il primo vero “infame” delle brigate rosse: Patrizio Peci. Lo avrebbero colpito negli affetti: rapirono il fratello che venne ritrovato, morto, il 3 agosto del 1981 vicino all’ippodromo delle Capannelle, finito con undici colpi di pistola. Le BR, nel loro linguaggio stalinista burocratico, affermarono che i pentiti non esistevano, per le forze rivoluzionarie c’erano solo i traditori e questi andavano annientati. Eppure quell’omicidio, che si rivelava un regolamento di conti interno, provocò una spaccatura insanabile tra i componenti dell’esecutivo nazionale delle BR e i movimentisti di confessione senzaniana. Quell’esecuzione cominciò a segnare il declino definitivo di feroci assassini che assicuravano di tenere in gran conto il parere dei proletari ma che con i proletari, quelli delle periferie del mondo, avevano davvero poco a che fare. Fu un momento dove lo Stato, con piccoli passi, cominciò a scrutare quell’universo fino ad allora inesplorato e sconosciuto. Non erano compagni che sbagliavano. Erano solo uomini fagocitati dall’ideologia e da un progetto completamente sbagliato. Il problema è che lo capimmo tutti troppo tardi: noi e loro.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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