Se un gioco può dirsi finito quando il perdente paga i suoi debiti, e se la guerra la vogliamo vedere come un immenso, terrificante gioco in cui ci sono vincitori e sconfitti, regole e violazione di regole, allora la I Guerra Mondiale è finita il 3 ottobre di sei anni fa, quando la Germania ha terminato di pagare i suoi debiti alle potenze vincitrici.
Il Trattato di Versailles, che pose fine alla Grande Guerra e dettò le condizioni alla Germania sconfitta, è visto da molti interpreti come una delle cause dell’ascesa di Hitler e dello scoppio della Seconda guerra mondiale.
La resa della Germania era stata in qualche modo incoraggiata dalla divulgazione dei “Quattordici punti”, un elenco di intenti prodotto dal presidente americano Wilson che dettava condizioni risarcitorie sostenibili e che gettava tra l’altro le basi per la nascita del’ONU, oltre a contenere indicazioni sinceramente mirate a ottenere una pace internazionale duratura e soprattutto il non ripetersi di grovigli infernali come quello prodotto dalla guerra appena conclusa.
Tuttavia, il desiderio di vendetta della Francia di Clemenceau (la più danneggiata dal conflitto) i cinici calcoli del britannico Lloyd George e il desiderio di completare la riunificazione a nord da parte dell’italiano Orlando, portarono di fatto a un Trattato ben diverso, estremamente punitivo nei confronti di un paese che non avrebbe mai potuto onorare il debito imposto e che, per reagire all’umiliazione subita finì per buttarsi tra le braccia di Hitler.
La scorrettezza perpetrata, ingannando i tedeschi con “i quattordici punti” e costringendoli invece a ingoiarsi il contenuto del Trattato è stata ampiamente criticata da numerosi attenti osservatori. Gregory Bateson indicò la menzogna alla base del Trattato come uno dei due fatti del XX secolo più carichi di conseguenze per il futuro, insieme alla nascita dell’Informatica; John Maynard Keynes esplicitò tutte le sue riserve nel libro “Le conseguenze economiche della pace”, ipotizzando che le eccessive pretese economiche dei vincitori e la mancanza di una visione dell’Europa proiettata nel futuro avrebbero causato ben presto nuove tensioni, conflitti e crisi economiche.
Ma la sentenza forse più agghiacciante fu quella emessa dal generale francese Ferdinand Foch, riportata nella biografia consultabile su Wikipedia. Egli, riferendosi al Trattato di Versalilles e alle condizioni insostenibili per la Germania, affermò quanto segue: “Questo non è pace; è un armistizio per vent’anni”.
“Si vis pacem, para bellum”, se vuoi la pace, prepara la guerra, dicevano i latini. Molti guerrafondai da tastiera si esaltano e usano a sproposito questa frase per giustificare ed elogiare ogni manifestazione di forza militare, ogni interventismo, ogni “guerra preventiva”.
Cazzate. Le bugie di Versailles e le loro catastrofiche conseguenze stanno lì a ricordarci che “Si vis pacem, para pacem”.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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