Chissà perchè questa canzone mi ricorda sempre la possibilità che tutto si possa modificare e che uno sguardo, un solo sguardo può cambiare il tuo orizzonte. Gli incontri senza parole, quella complicità che nasce così, senza neppure volerlo; quel destino, incrocio di possibilità giocata tra l’essere e l’esistere, quella voglia incontenibile che è dentro un semplice abbraccio. Questa canzone mi regala, da sempre, una grande voglia di tenerezza, pensare che il mondo diventi di colpo solo di due persone che si cercano e si rincorrono dentro una città che corre insieme a loro. Le canzoni hanno questa forza: disegnano i contorni delle nostre storie ma poi il contenuto, a volte, è diverso. 29 settembre è una cornice bellissima per tutte le cotte e gli innamoramenti adolescenziali, per quelli che strimpellavano in spiaggia alla ricerca di occhi e non solo, a quelli che seduti in quel caffè aspettavano Antonella o Valeria o Carlotta e speravano avesse la gonna per poter giocare e disegnare situazioni forti dentro un film che pareva un fotoromanzo. Immagini ferme, in attesa. Invece questa canzone è un movimento forte, sincopato, quel buio ricercato e voluto, il ristorante (anche se ai nostri tempi i soldi non c’erano, però è bello immaginare) poi ballare stretti stretti, a pomiciare o limonare e sfiorare e provare la consistenza di ciò che ruotava intorno alle labbra schiuse e cercare una casa, un auto, un garage, un luogo insomma dove spogliarsi velocemente e provare ad osservare le curve di quell’attimo, tra il buio e la paura. L’attimo dell’innocenza, quelle facce da imbranati, quei silenzi soffocati. Finito. Chissà se. Siamo tornati a casa con quella maledetta faccia appiccicata e intensa: chissa se. Non ho mai capito se anche dall’altra parte c’era la stessa espressione dubbiosa: chissà se. Svegliarsi e pensare a quello, correre al telefono, fare l’imbranato per forza, davanti al fratello che risponde e attendere e contare i passi e parlare veloce veloce, chissà se ti è piaciuto ma non te lo chiedo, rido e tu non sai perchè e provare a dire t’amo senza mai poterlo dire, che non sono cose rivoluzionarie. Insomma, 29 settembre è il racconto di un incontro intenso, un abbraccio, un bacio, due corpi, la complicità, l’attenzione, il seno che si sfiora e la sedia che si rompe e il cambio dell’automobile e tutto che sembra andare storto ma… Questa canzone è la metafora di un pasticciato orgasmo. Ecco, l’ho detto. Chissà se anche voi…..
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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