I giovani, a volte si chiedono: chi era Rocco Chinnici? Qualcuno risponde un giudice, altri pensano sia stato un politico, qualcuno comunque ucciso dalla mafia. Un giornalista, forse. C’è un premio che porta il suo nome. Cose vecchie. Tutti conoscono, invece i giudici Falcone e Borsellino, in questa terribile iconografia della memoria e del terrore. Rocco Chinnici è stato il giudice che costruì il senso dello Stato. Quello che, più di altri, ha rappresentato la forza e la determinazione contro la mafia. E’ lui che inventò il “pool antimafia”, è lui che si portò, nel suo ufficio, dei giovanissimi Falcone e Borsellino. Ebbe, purtroppo, la stessa sorte dei suoi pupilli: saltò in aria il 29 luglio 1983 a Palermo. Aveva 58 anni Rocco Chinnici. Quel giorno morirono anche il maresciallo Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e il povero portiere dello stabile dove fu posizionata la 126 verde imbottita di tritolo: si chiamava Stefano Li Sacchi. Il detonatore lo azionò Antonino Madonia morto in carcere a Napoli nel 2007 e con un passaggio anche a Fornelli, Asinara, nel 1992. Oltre a Rocco Chinnici Madonia fu anche il mandante e in alcuni casi esecutore materiale delle uccisioni del parlamentare Pio La Torre, Carlo Alberto della Chiesa, Ninni Cassarà, Roberto Antiochia. Uomini che avevano dipinto nell’anima un forte senso dello Stato. Ne parliamo ancora oggi perché la mafia è ancorata al potere politico. La mafia cammina in quei corridori e ci vive quotidianamente. Ecco, a proposito, cosa diceva Rocco Chinnici in una bellissima intervista apparsa poco prima di essere ucciso: «La mafia è stata sempre reazione, conservazione, difesa e quindi accumulazione della ricchezza. Prima era il feudo da difendere, ora sono i grandi appalti pubblici, i mercati più opulenti, i contrabbandi che percorrono il mondo e amministrano migliaia di miliardi. La mafia è dunque tragica, forsennata, crudele vocazione alla ricchezza. […] La mafia stessa è un modo di fare politica mediante la violenza, è fatale quindi che cerchi una complicità, un riscontro, una alleanza con la politica pura, cioè praticamente con il potere. Se lei mi vuole chiedere come questo rapporto di complicità si concreti, con quali uomini del potere, con quali forme di alleanza criminale, non posso certo scendere nel dettaglio. Sarebbe come riferire della intenzione o della direzione di indagini.” Rocco Chinnici è ricordato nel bellissimo film di Pif: “la mafia uccide solo d’estate.” Guardatelo quel film e capirete cosa significa avere il senso dello Stato. Se possiamo continuare a discutere, analizzare, essere curiosi, è grazie anche a gente come Chinnici, persone con la schiena dritta uccisa da uomini che non hanno avuto il coraggio di misurarsi con le parole e con il profondo senso dello Stato. Hanno preferito, quegli uomini, camminare nei bassifondi di uno Stato senza senso, che scende a patti, che chiude un occhio, che fa finta di non capire, di non vedere. Quello Stato assente, rappresentato da molti. Da troppi forse. Ma che non potrà mai vincere. Chinnici ci ha insegnato che i mafiosi hanno il terrore della conoscenza che deve necessariamente essere condivisa. Se tutti sappiamo, se tutti conosciamo, se tutti abbiamo il senso dello Stato allora sarà inutile continuare la mattanza. Perché ci sarà sempre qualcuno che potrà coltivare quella passione e quell’amore, quel senso di appartenenza verso le istituzioni e verso l’orgoglio di essere concittadini di gente come Falcone, Borsellino, Cassarà e Rocco Chinnici. Ecco, è bello ripensarci oggi a queste anime belle, a questi idealisti semplici e forti, a questi uomini di Stato che intendevano regalare un futuro diverso a tutti gli italiani. Come auspicava Falcone: “la mafia prima o poi finirà. Come tutte le cose costruite dagli uomini avrà una fine”. Gente come lui e come Rocco Chinnici ci hanno aiutato a crederci e a scommetterci. E ci mancano.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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