Fidatevi, quello del titolo non è un errore. Sappiamo tutti che in molti Stati americani la pena di morte è ancora e più che mai in vigore. Eppure, esattamente cinquant’anni fa, sembrò davvero che l’esecuzione del condannato fosse stata definitivamente messa al bando.Quel giorno la Corte Suprema americana decise a maggioranza che la pena capitale violava l’ottavo emendamento della Costituzione che vieta pene crudeli ed inconsuete e, dunque, la sedia elettrica non fosse strumento degno di un popolo civile. Votarono contro i quattro giudici di area repubblicana nominati da Nixon, a favore i democratici e quelli di area centrista.Ad ottenere il pronunciamento della Suprema corte furono gli avvocati di tre giovani di colore imputati per omicidio e stupro, per i quali era stata appunto richiesta la condanna a morte. In quel momento, erano nel braccio della morte di decine di penitenziari americani 584 detenuti in attesa dell’esecuzione.Sulla prima pagina del Corriere della Sera, Ugo Stille (che poi del Corriere sarebbe diventato direttore) annunciava con evidente soddisfazione la grande conquista conseguita dal popolo americano.Non poteva sapere che, nei mesi seguenti, il movimento dei forcaioli avrebbe scatenato una violenta campagna contro la decisione della Corte, campagna che ebbe i suoi riferimenti nell’ex presidente Nixon e nell’astro nascente della politica states, l’attore Ronald Reagan, che presidente lo diverrà qualche anno dopo.Il fondamento teorico era il manifesto di un saggista di area conservatrice, Isaac Erlich, secondo cui ogni condannato a morte graziato avrebbe comportato la morte di otto innocenti. Non c’era alcunché di scientifico in queste tesi, ma la cagnara repubblicana fu tale che molti Stati legiferarono nuovamente per adeguare la condanna a morte alle disposizioni della Corte.Io mi sono sempre chiesto come una Costituzione liberale che dovrebbe difendere la vita come diritto naturale ed inalienabile, secondo l’insegnamento di Locke, possa concepire una sorta di faida istituzionale.Ma io sono io e non conto niente, contrariamente al famoso marchese.E dunque quel 29 giugno 1972 restò un’occasione mancata.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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