A molti questa data non dirà un bel nulla, ma ciò che sto per raccontare probabilmente si.
L’invasione e colonizzazione del Colorado da parte dell’esercito statunitense era quasi completa, nessuna tribù di nativi sfuggiva ai ghetti delle riserve. Solo qualche sparuta banda di “ribelli” Seminole o Comanche restava, ancora per poco, libera di assalire e depredare tutto ciò che rappresentasse o fosse opera dell’uomo bianco invasore o delle giacche blu. Poi furono sterminate anche quelle. L’allora governo statunitense aveva appena firmato i trattati di pace con i capi tribù, di tutte le tribù ormai relegate a territori/prigione e stremate da anni di ìmpari guerra e di faticosi e continui spostamenti dei loro accampamenti per sfuggire alle rappresaglie.
Quei trattati di pace sembravano aver riportato la tranquilità anche nei campi/riserva, uno Cheyenne e l’altro Arapaho, non molto distanti fra loro, situati nei pressi di una vasta ansa a forma di ferro di cavallo del fiume Big Sand Creek. C’erano appena state anche le rassicurazioni del Maggiore Scott J. Anthony, che aveva appena sostituito il maggiore Wynkoop a Fort Lyon, dove i nativi avevano iniziato ad intessere scambi commerciali e buoni rapporti. La cosa non piacque molto ai vertici militari che, per questo, inviarono lì Scott J.Anthony.
Anthony, ufficiale noto per la sua “linea dura” nei confronti dei nativi, dal quale il Capo Pentola Nera era appena stato per lamentarsi del fatto che, oltre ad interrompere, vietandoli, gli scambi commerciali e l’accesso al forte agli indiani, il maggiore non rispettasse nemmeno i patti presi col suo governo riguardo all’approvigionamento di viveri alle tribù, alle quali erano rimasti dei territori di caccia talmente ristretti da non potersi garantire nemmeno la sopravvivenza. Scott Anthony lo rassicurò, dicendogli che era un problema temporaneo e che se i nativi fossero rimasti diligentemente nei territori loro assegnati, nessuno li avrebbe mai toccati.
In quell’ansa di fiume vivevano oltre 900 nativi, oltre la metà erano donne, vecchi e bambini, ma in quell’alba del 29 novembre, di indiani al campo ve ne erano circa 600, perché i guerrieri erano partiti da qualche giorno per cacciare i bisonti. La fiducia in quei trattati e nelle parole del maggiore fece si che nessuna sentinella sorvegliasse il villaggio quella notte. Quella fiducia nella parola di uomini bianchi dalla lingua biforcuta fece si che i nativi ereggessero su di un alto palo a fianco al tee-pee principale, addirittura la bandiera degli Stati Uniti, ma fu anche fatale.
Quando il frastuono di oltre settecento cavalli al galoppo fece tremare la terra e saltare giù dai bivacchi e fuori dalle tende le donne, i vecchi, i bambini e i pochi guerrieri rimasti, non ci fu nemmeno il tempo di rendersi conto di quale flagello si stesse per abbattere su quel villaggio indifeso, di quale inferno si scatenò quel giorno sulle rive del Big Sand Creek, di quale furia cieca e barbara fossero capaci quegli uomini dalle scure divise e dalle belle quanto false parole.
Un anziano capo tribù, Antilope Bianca, si fece incontro a quella tempesta di ferro e di fuoco che avanzava, a mani nude e alzate, gridava fermatevi, fermatevi! in un perfetto inglese, fu falcidiato da un ventaglio di proiettili delle carabine della cavalleria. A quel punto Pentola Nera decise di fare radunare tutti sotto la grande bandiera americana, come a riceverne protezione, circa in duecento si strinsero in cerchio intorno a quel palo, ma il fuoco ed il ferro dei soldati/assassini del Colonnello Chivington non si arrestarono nemmeno di fronte a quella. Scene terribili di bambini infilzati con le sciabole, di donne stuprate brutalmente, seviziate e fatte letteralmente a pezzi. Di guerrieri disarmati che continuavano a ripetere “io non posso attaccare te, siamo amici!” Mentre la furia bestiale di quei vigliacchi in divisa li smembrava e ritagliava scalpi, nasi, orecchie e genitali per farne trofei da mostrare al rientro, nei saloon di Denver.
Un gruppetto di una ventina di giovani madri e bambini Arapaho riuscì a ripararsi in una insenatura, fra la vegetazione, mandarono fuori solo una bimba con una bandiera bianca in mano, una valanga di piombo la investì, dilaniandola, quello che successe in quell’anfratto alle altre, nessuno ebbe mai il coraggio di raccontarlo per intero.
«Una carneficina indiscriminata, ingiustificabile, di uomini, donne e bambini», la descrisse Robert Bent, figlio meticcio di William, un commerciante sposato con una nativa. Dove perirono oltre 130 nativi in modo disumano e vigliacco, solo 28 di questi erano guerrieri e molti di loro disarmati, perchè le armi le avevano da poco consegnate al maggiore Scott, ricattati in cambio di cibo. Ma il danno peggiore di quel massacro, fu che con esso incominciarono la disgregazione e la diffidenza fra le tribù indiane, i Capi che si erano fidati delle bianche lingue biforcute persero autorità e credibilità, cominciò la decadenza, il declino di una intera etnia.
Un’onta vigliacca e arrogante mai lavata, nella storia dell’epopea americana, come tante altre che, dai tempi del primo sbarco di Cristóbal Colón in quelle terre, si sono sicuramente perpetrate, impunite, che forse non conosceremo mai, non ricorderemo mai abbastanza. Forse è proprio per questo, che quella vigliaccheria da superpotenza e quell’arroganza ancora insistono, laggiù, verso i pochi nativi rimasti, verso gli afro ed i sud-americani e non solo, perché si sono estese ed espanse anche in paesi molto distanti da quel Continente, ma hanno sempre la stessa divisa, sempre gli stessi complici.
Da vincitori, hanno pure chi gli scrive la Storia esattamente così come gliela dettano, tuttora, hanno dei complici che la Storia vera la nascondono, come il nostro paese, dove un film come “Soldato Blu” lo si poteva tranquillamente trasmettere in tv -tanto tifavamo tutti per la cavalleria- negli anni 70, poi per i marines. Non sapendo di tifare, invece, per la peggiore vigliaccheria, per il cattivo peggiore.
Quel film non fu più trasmesso, la verità mai soddisfatta.
In Memoria di un Genocidio che grida ancora giustizia, quello dei “Nativi della Terra di Ponente”, Figli Legittimi del Grande Spirito, della Luna e del Sole, dieci milioni di morti.
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