Ci sono avvenimenti che a leggerli con gli occhi sedimentati del tempo ci fanno capire alcuni passaggi che l’attualità non riesce a spiegare. Il 28 settembre 2001 in Italia si dibatteva della “questione mafia” perché il giorno prima c’era stata una no-stop televisiva targata Raitre e Canale 5 che affrontò con coraggio ed in maniera frontale il problema. A Condurre la trasmissione Maurizio Costanzo e Michele Santoro.Cosa avvenne quel 28 settembre 1991, otto mesi prima della mattanza di Capaci e dieci mesi prima di quella di Via d’Amelio?Si parlò, in quella trasmissione, di due persone: Calogero Mannino, dc, ministro del Mezzogiorno e Salvo Lima, dc, europarlamentare, da quarant’ anni il potentissimo e chiacchieratissimo plenipotenziario di Andreotti in terra di Sicilia.
Mafia e politica. Salvo Lima fu ucciso sei mesi dopo, il 12 marzo 1992 e in quella trasmissione fu al centro di una domanda che girava intorno ai giudici Falcone e Borsellino. La domanda (e a leggerla oggi pone qualche inquieta considerazione) era pressappoco questa: i giudici fanno fino in fondo il loro lavoro quando si trovano dinanzi i politici in odore di mafia?
I politici coinvolti percorsero, a dire il vero due strade diverse: Mannino fu assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa con una serie di colpi di scena. Sulla base delle dichiarazioni del pentito Spatola si aprì, proprio nel 1991, un procedimento nei confronti di Mannino (a quei tempi ministro per il mezzogiorno) ma nell’ottobre dello stesso anno (e quindi un mese dopo la messa in onda della trasmissione) il caso fu archiviato. Nel 1994 (due anni dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio) la Procura di Palermo avviava una nuova inchiesta nei suoi confronti e il 13 febbraio del 1995 l’ex ministro era addirittura arrestato. Nel 2001 sarà assolto in primo grado, in appello, invece, condannato a 5 anni e 4 mesi; ma nel 2005 la Corte di Cassazione annulla la sentenza di condanna. Successivamente ci saranno solo assoluzioni sino a giungere a quella definitiva avvenuta nel 2010. Perché Mannino era finito nei guai? In quella trasmissione no stop se ne era parlato molto diffusamente: Calogero Mannino partecipò il 10 ottobre del 1977 ad Agrigento, al matrimonio di Gerlando Caruana, figlio di Leonardo, rampollo di una famiglia mafiosa della costa meridionale. Lui ammise la circostanza e disse pure di essere stato testimone della sposa, Maria Silvana, che, secondo quanto affermato da Mannino, era la figlia di un uomo perbene, Domenico Parisi. In quanto allo sposo affermò di non conoscerlo neppure. Cose che capitano negli incroci tra mafia e politica e probabilmente le cose sono andate così come Mannino le ha sempre raccontate. Però in quella trasmissione fu presentata una strana informativa della stazione dei carabinieri di Siculiana diretta al comando di Agrigento. Data 17 ottobre 1981, numero di protocollo 6696/ 19 P. Si legge: “Si comunicano qui di seguito i nominativi dei compari di nozze del matrimonio celebrato tra Gerlando Caruana e Maria Silvana Parisi. Per lo sposo: on. Calogero Mannino e Assunta Cimmino. Per la sposa: Vincenzo Scaduto e Francesco Zambito”. Probabilmente ci sono stati errori. Probabilmente. Anche perché Don Giuseppe Cuva che sposò i due giovani, affermò perentoriamente che l’Onorevole Mannino ha partecipato come testimone della sposa. Ci sarebbe, a margine, una piccola domanda (e considerazione) : può un uomo in vista, peraltro politico, partecipare ad un matrimonio senza informarsi di chi sono i protagonisti? Può non sapere certe cose? Possono i carabinieri o i servizi non avvisarlo? E’ chiaro che un uomo politico così influente nell’ Agrigentino non poteva non conoscere “un uomo di rispetto” così temibile come Leonardo Caruana. Un boss, che, fin da 1974, era definito dai carabinieri “un manovratore di killer”, “segnalato per l’ irrogazione di misure di prevenzione”, sospettato di essere “interessato a un programmato e non attuato omicidio in persona del giudice istruttore del tribunale di Palermo, Rocco Chinnici”. Insomma, Mannino sarà stato pure innocente ma anche molto sprovveduto. Forse troppo. In quella trasmissione si parlò anche di Salvo Lima. Fu un Leoluca Orlano giovanissimo e dirompente a prendere la parola e mostrando un volume della penultima commissione parlamentare antimafia disse, più o meno testualmente: “Qui dentro, in un libro che porta l’ intestazione Senato della Repubblica – ha gridato – ci sono 33 pagine che riguardano l’ onorevole Salvo Lima…”. Cosa dicevano quelle schede antimafia che si possono reperire negli archivi del Senato? (X Legislatura) Dicevano, tra le altre cose che: “… i due fratelli La Barbera, Angelo e Salvatore, si sarebbero interessati alla sua elezione a sindaco di Palermo nel 1958 e alla sua successiva protezione”. (…) è in rapporto con il gangster italo-americano Frank Garofalo che lo raccomanda al boss Martinez”. (…) “Il giudice istruttore Cesare Terranova dichiara che non si è potuto chiarire la reale natura dei rapporti tra Buscetta e l’ ex-sindaco di Palermo, Salvo Lima”. “…il malcostume e la mafia hanno dominato al comune di Palermo durante la gestione di Lima”. Falcone, in quella trasmissione disse che tutti questi elementi non erano però sufficienti a provare la colpevolezza dell’europarlamentare e non avrebbero retto alla verifica del processo. Sul giudizio morale e sulle amicizie pericolose di Lima è chiaro che occorreva effettuare un altro discorso. Quel 28 settembre 1991 andò in onda una strana trasmissione, considerata per quei tempi un vero e proprio evento. Gli incroci tra mafia e politica sono i più pericolosi, quelli che Buscetta chiamava “il terzo livello” e per i quali non fu mai disposto a collaborare seriamente. Il problema però è rimasto: non basta non commettere reati. L’Onorevole Mannino e l’Onorevole Lima non giravano con le pistole in tasca e non ordinavano delitti. Su questo il giudice Falcone aveva chiaramente ragione: non c’erano le prove. Però (ed è un però che vale sempre) chi si occupa di politica, chi decide di rappresentare il popolo nelle istituzioni non può non tenere conto che certe amicizie, certe conoscenze, certe relazioni sono molto pericolose. Quella trasmissione tra Santoro e Costanzo fu un primo passo per spiegare queste strane relazioni. Il secondo passo lo fece, purtroppo, la mafia: a distanza di pochi mesi uccise Lima, Falcone e Borsellino. E su queste commistioni, su questo modo di vedere le cose è calato, nel tempo, un silenzio assordante.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design