Ivo Zini è morto senza un perché, in anni in cui si poteva morire senza un perché: gli anni di piombo. E, siccome morire senza un perché, spesso, ti mantiene fuori dai circuiti della memoria, credo sia giusto riportare a galla quel 28 settembre 1978 in cui Ivo, comunista ma non particolarmente impegnato nella sua militanza, si avvicina alla bacheca della sezione PCI dell’Alberone, a Roma. Lo fa perché, in quella bacheca, è appesa una copia del “L’Unità”. E soprattutto perché, in quella copia de “L’Unità“, è presente la pagina degli spettacoli. Ivo Zini, quel giorno, aveva deciso di andare al cinema e l’unica maniera per conoscere la programmazione era dare un’occhiata al giornale. Per questo, Ivo Zini e i suoi due amici si trovano davanti a quella bacheca della sezione PCI dell’Alberone. E per questo diventano un facile bersaglio. Ivo viene colpito al petto. Muore con il giornale in mano. Chi ha ucciso Ivo Zini? Non si è mai saputo. Due persone a volto coperto su una Vespa. Ci fu la rivendicazione dei NAR, un gruppo di estrema destra, al Messaggero. Ci fu un tentativo di inchiesta, naufragato con la tragica morte di Mario Amato, il giudice con la scarpa bucata, al quale abbiamo dedicato questa rubrica. Ivo Zini, oggi, se lo ricordano solo i suoi familiari. Si era laureato a giugno. Aveva partecipato a un concorso per essere assunto in banca. Un mese dopo la sua morte, gli arrivò una lettera. Quel concorso, Ivo, l’aveva vinto.
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