Il 28 ottobre 1958 saliva sulla soglia del pontificato della chiesa Cattolica Angelo Giuseppe Roncalli che prenderà il nome di Papa Giovanni XXIII°. E’ stato il Papa della svolta, del Concilio, dell’apertura della chiesa al mondo. E’ stato il primo papa che io ricordo di aver visto in televisione e le immagini in bianco e nero impresse nella memoria sono quelle della sua visita al carcere di Regina Coeli, al centro di Roma.Era il 26 dicembre 1958 ed io non ero nato. Quel filmato lo vidi da adolescente ribelle, che contestava la chiesa e le sue istituzioni. Ascoltai quelle parole apparentemente semplici e rimasi come folgorato. “Siete contenti che sia venuto a trovarvi? Sapevo che mi volevate, e anch’io vi volevo. Per questo, eccomi qui. A dirvi il cuore che ci metto, parlandovi, non ci riuscirei, ma che altro linguaggio volete che vi parli il Papa? Io metto i miei occhi nei vostri occhi: ma no, perché piangete? Siate contenti che io sia qui. Ho messo il mio cuore vicino al vostro. Il Papa è venuto, eccomi a voi. Penso con voi ai vostri bambini che sono la vostra poesia e la vostra tristezza, alle vostre mogli, alle vostre sorelle, alle vostre mamme…”. Queste parole furono come una molotov lanciata in una piazza dormiente. Tutti cominciarono a gridare, a saltare, a cercare di abbracciare quello strano e semplice papa. Fu il primo pontefice che volle essere ritratto in mezzo ai detenuti. Un selfie collettivo ante litteram, una voglia immensa di modernità. Si è sempre parlato di Giovanni XXIII come di un papa buono, semplice. Pochi hanno compreso la grandezza del suo breve ma intenso pontificato. Quell’uomo pacioso che ha fatto tremare i muri di Regina Coeli, come scrisse il Messaggero il 27 dicembre del 1958, fece prima tremare e poi crollare i muri dell’antica chiesa, della messa in latino, del prete che officiava tenendo le spalle alla gente. Furono passi importanti. Furono i passi di un papa che apprezzai solo quando divenni adulto. Un uomo di pace: un misto tra gioia e rivoluzione.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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