Uno comincia come comparsa in un modesto ruolo in un film di Nino Taranto e, quasi per caso, diventa quello che ha scritto la canzone italiana più famosa nel mondo. Bisognerebbe raccontarla la storia di Franco Migliacci, mantovano con vista su Firenze che, ad un certo punto, finisce a a Cinecittà dove i colori sono molto fori, perlomeno in quegli anni e lui spera di diventare un attore. Aveva la faccia ma non era bastato. In quel mondo è destinato a fare la comparsa. Ce ne sono tanti di ragazzi come lui. Siamo alla fine degli anni cinquanta. Oltre il cinema comincia a muovere i primi passi la televisione. Lui lavora in quelli che erano una volta “sceneggiati”. Non funziona. Il destino lo butta dentro una vita “da mediano”, destinato a passare, per sempre, la palla ad altri. Essere ai margini dell’immenso non deve essere facile, soprattutto se cominci ad arrivare alla soglia dei trent’anni. Ed ecco che, incredibilmente, come un quadro di Picasso e di Mirò, come un’ossessione che diventa verbo, il mondo si dipinge tutto di blu e il grande Modugno che ne percepisce l’intuizione, aggiungerà a quella strana storia il verbo “volare”. Nasce la canzone dell’anno, del secolo. nasce il mito. E’ come riuscire a comprendere il segreto delle parole. Franco Migliacci non si ferma più e si fa mandare dalla mamma a prendere il latte, va a cento all’ora ma riesce – cosa assai difficile, se non impossibile – a scrivere un’altra canzone che diventerà il manifesto di una generazione: “C’era una ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”. Continuerà a scrivere Migliacci. Lo farà per Nada (Il cuore è uno zingaro”) per Eduardo De Crescenzo (Ancora, tra le altre) e conclude con una parabola dedicata forse alla sua strana vita. Aveva cominciato come attore e sperava di farcela ma non era semplice, in quel campo solo “uno su mille” ce la fa. Buon compleanno Franco, felicità per i tuoi primi ottantacinque anni. Quel blu dipinto di blu ce lo portiamo dentro, quasi come fosse il secondo inno di una patria che, a volte, riesce anche a volare (una volta su mille…)
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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