Francesco Cubeddu, oggi ultranovantenne, è considerato da molti esperti come il più grande cantante di “canto a chiterra”, il canto sardo a chitarra, di ogni epoca. Dotato di una voce cristallina e di abilità canore tali da spaziare in tutti generi della musica sarda, Cubeddu iniziò ad imporsi nelle gare isolane giovanissimo, a partire dal dopoguerra. Negli anni ’60, in particolare, in un periodo d’oro del canto sardo, Cubeddu sbaragliò il campo vincendo le gare canore più importanti di fronte ai più acerrimi rivali, da Delunas a Cossu. Merita, tuttavia, per comprendere la grandezza dell’artista, accennare a questa particolare forma d’arte presente in Sardegna, memore di una antica cultura che ha mescolato l’antica, preistorica propensione al canto dei sardi, con l’accompagnamento delle successive culture musicali mediterranee, pervenute in Sardegna grazie agli influssi culturali esterni e in particolare alla dominazione spagnola, e mutuata in articolate e complesse forme artistiche, studiate peraltro da antropologi di chiara fama, anche stranieri, come Edouard Fouré Caul-Futy, Bernard Lortat Jacob, e altri, attratti dal fascino di questi canti. In Sardegna la gara canora assume contorni di grande partecipazione popolare, che pareva, negli anni ’80, in declino (roba per vecchi, si diceva, ormai) ma che negli ultimi tempi sta riprendendo piede. Gare canore e gare poetiche estemporanee, infatti, si immergono in una cultura che affonda le radici nella notte dei tempi. E’ interessante notare, sul piano antropologico, come la cultura dominante abbia sempre trascurato, se non addirittura combattuto, si pensi al divieto in periodo fascista, queste forme d’arte popolari complesse, favorendo invece le semplificazioni artistiche nazionali e più in generale globali. Salvo poi, sempre come cultura dominante, tacciare di “semplicità” il “folclore” sardo, e denigrare la cultura popolare sarda come povera e arretrata. Le gare canore del canto sardo, così invece apprezzate dagli studiosi di tutto il mondo, si articolano in sette prove scelte tra dodici tipi diversi di forme canore tradizionali. Il cantante che affronta altri due o tre avversari, di fronte al giudizio severo di giudici e pubblico, nella piazza gremita di folla, deve saper spaziare dal grave “Canto in Re”, alla melanconica “Corsicana”, agli allegri “Muttos” del nuorese e “Trallalleru” del campidanese, alla tradizione gallurese della “Disisperada” e dell’allegra “Filugnana”, per finire con il canto in “Su Si Bemolle” e “In Mi e La”, di probabile provenienza dei pescatori bosani. Le abilità canore dei partecipanti alle gare, contesi dai comitati a suon di ingaggi, sono notevoli, al punto che oggi è nota la storia del tenore di livello internazionale Francesco Demuro, che per anni ha calcato le piazze dei paesi del Logudoro, del Sassarese, della Barbagia e dell’Anglona come cantante della tradizione sarda. Insomma, quando si dice che Francesco Cubeddu è stato il più grande di tutti, forse si fa un torto agli altri grandissimi cantanti della tradizione sarda, ma certamente non si fa un torto all’arte e alla musica, perché essere il più grande nel Canto a Chiterra significa essere degli artisti poliedrici e completi. Buon compleanno Francesco Cubeddu. E grazie.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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