Non ce lo ricordiamo Beppe Montana abituati come siamo ad avere memoria solo degli attori protagonisti di questa terra gonfia di morte e di mafia. Non ce lo ricordiamo perché troppo giovane, ucciso il 28 luglio 1985 quando aveva appena 35 anni. Se provate a ritornare indietro vi viene in mente Rocco Chinnici, Giovanni Falcone, Ninni Cassarà, ma a questo commissario della squadra catturandi della mobile di Palermo, si fa fatica a dargli un volto, un ricordo. Altra croce maledetta dentro una terra che ingoia le speranze e distrugge il futuro delle persone. Beppe Montana, proprio dopo l’uccisione di Chinnici dichiarò: “A Palermo siamo poco più di una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà”. Lui era un uomo di Stato, rappresentava quello Stato che nella parte bella, luccicante e onorevole ha gli occhi e i gesti di gente seria, onesta, di gente perbene. Ecco, Beppe Montana era un uomo perbene che aveva, come Falcone, Borsellino, Chinnici, Cassarà paura di morire, ma non paura di esporsi. Il suo grande avversario era Michele Greco, il padrone di Ciaculli, il papa come veniva comunemente chiamato da tutti. Beppe Montana provò in tutti i modi di arrestarlo ma riuscì solo a consegnare alla giustizia solo alcuni sottotenenti vicini a Greco che fu arrestato il 20 febbraio 1986, quando Beppe era morto su suo ordine. Sembra la solita storia di mafia, di buoni e di cattivi, la solita strada lastricata di sangue. Tutto è terribilmente vivido, chiaro, quasi normale. E con questa normalità continuiamo a convivere. Se la politica riuscisse (e per politica intendo davvero tutto il Parlamento) ad ogni ricorrenza di provare non a costruire le solite parole di circostanza ma a mettere nell’agenda del paese l’emergenza della mafia potremmo, davvero, cominciare a crescere. Quando sento dire che la mafia non uccide più e ha finito di essere un problema penso a quello che hanno fatto queste persone perbene mandate dallo stato (con la s minuscola) a morire con la consapevolezza che la battaglia si sarebbe persa. La mafia continua a uccidere, tutti i giorni, continua a disintegrare il futuro di un paese, gestisce capitali immensi e muove le sue quote in borsa. Adesso qualcuno mi spieghi cosa c’entra l’emergenza migranti con tutto questo e, soprattutto lo spieghi a Beppe Montana. Io, come diceva una canzone di Tiziano Ferro, non me lo so spiegare.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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