Io, con i ragazzi dell’Ina Casa ci ho giocato a pallone, a palla avvelenata, a figurine (si chiamava, ad Alghero, Creus e crastu) e con qualcuno di loro ci son finito a scuola. Con altri ho anche litigato ma sono stato difeso sempre da un altro ragazzo dell’Ina Casa e uno dei primi amori – si chiamava Caterina – abitava proprio all’Ina Casa. Quelle abitazioni furono pensate dall’allora Ministro del lavoro Amintore Fanfani e il progetto di legge per l’incremento dell’occupazione e la costruzione di case per i lavoratori venne approvato il 28 febbraio del 1949: sono passati 68 anni e nessuno ha mai ringraziato questo piccolo democristiano feroce e toscano per quella bellissima idea. Quelle case che noi tutti, da sempre, abbiamo chiamato semplicemente Ina-casa sono state una risposta vera alle esigenze di chi nel dopo guerra non aveva quasi niente. Quelle case, paradossalmente, erano costruite benissimo e avevano dei grandi spazi dove le ragazze e i ragazzi potevano giocare. Noi, i ragazzi di Sant’Agostino, eravamo davvero felici di poter tranquillamente stare tutto il giorno dentro quegli spazi vicino alle nostre case in un quartiere popolare. Era un mondo bellissimo: c’era la bottega di Signora Luigina che vendeva la crema rosa e il concentrato di pomodoro sfuso, il bar di Cassarora dove era possibile giocare la schedina del totocalcio, il mercato del pesce, la bettola di Ciu Antoni, dove tutti i vecchi bevevano birra e gazzosa e mio nonno aggiungeva anche Fernet Branca. Noi, invece, a pasticciarci le ginocchia con il fango e le pietre nel grande spiazzo dei palazzi dell’Ina casa. Che sono ancora al loro posto. Ci hanno messo le persiane, hanno asfaltato gli spazi e al posto dei ragazzini ci sono le auto parcheggiate. Quando adesso ci passo penso a tutto quello che è stato, alla schedina da giocare, ad un pallone da condividere, alle serate immense trascorse a correre e a nascondersi sperando di incontrare Caterina. A me Fanfani, a pensarci adesso, mi viene da abbracciarlo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Quando c’erano gli operai. (di Giampaolo Cassitta)
La strana storia del Dr. Gachet. (di Giampaolo Cassitta)
Temo le balle più dei cannoni (di Cosimo Filigheddu)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Elisa o il duo Mamhood &Blanco? (di Giampaolo Cassitta)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Morto per un infarto Gianni Olandi, storico corrispondente da Alghero della Nuova Sardegna (di Gibi Puggioni)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.708 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design