Il 28 aprile del 1978, in pieno rapimento Moro, dentro un’Italia accovacciata e ruvida, tra le radio libere cominciò a girare sui piatti Teac un album, un Lp, un trentatrè giri che sarebbe divenuto un’icona per la musica leggera di quei tempi. Ci mancava il Principe. Dal 1976. Da Bufalo Bill. Un disco ancora troppo intimista e molto politico con una perla irraggiungibile: Atlantide. Lo aspettavamo il principe, con le sue parole strascicate, con quel suo modo personale di giocare con le parole. L’album del 1978 ricalcava alcune parentesi politiche (la campana e l’impiccato) altre “sdolcinate” legate alla nascita dei suoi figli (due gemelli) “raggio di sole”. Però due canzoni su tutte cominciarono a camminare nelle onde astrali delle radio libere: la prima era Generale e la seconda Natale. A quei tempi non esistevano i singoli e non era di moda “lanciare” un pezzo ogni mese tratto dall’album. No, a quei tempi chi metteva “i dischi” sul piatto decideva che canzone far girare e io decisi, controcorrente per “due zingari”. Quell’inno alla felicità, quei ragazzi che stavano attaccati alla notte, con quelle stelle appiccate al cielo. Questi ragazzi gonfi di libertà che volevano figli con le scarpe rotte, adatte al vagabondare e a costruire giostre. Quel sapore infinito della felicità fatta di poche e semplici cose, aspettando il sole del giorno dopo, mano nella mano. La riascolto spesso e la ritengo intensamente bella e intimamente mia. Mia e di Francesco De Gregori. Naturalmente.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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