Gira nelle programmazioni radiofoniche in questo giorni la canzone di Marco Mengoni “Muhammad Alì” ed è particolarmente bella. Soprattutto nel ritornello quando dichiara che siamo “in piedi come Muhammad Ali, siamo tutti Muhammad Ali, qui si vince o si perde in un attimo”. Già. Il grande ed inarrivabile Cassius Marcellus Clay Junior, nato a Lousville il 17 gennaio 1942 e morto il 3 giugno del 2016. Vorremmo essere tutti un po’ Muhammad Alì o perlomeno sarebbe bello essere così carismatici, così sportivi, così forti, così coerenti come Muhammad Ali che il 27 Aprile del 1967 Alì si rifiutò di combattere nella guerra del Vietnam per via della sua religione (la musulmana, tanto per capire) e per questo venne arrestato, accusato di renitenza alla leva e fu privato del titolo di campione del mondo conquistato nel 1964 all’età di 22 anni. Tutti vorremmo essere Muhammad Alì sapendo che nella vita, in base alle scelte si vince o si perde e il suo rifiuto, storico e inossidabile, fu la sua più grande vittoria. A volte ci sono sportivi che diventano uomini e a volte uomini che diventano sportivi. Muhammad fa parte di un’altra schiera: era uomo e sportivo, gigante duro e dolcissimo, era eroe soprattutto fuori dal ring. Vorremmo tutti essere Muhammad Alì ma poi, nelle nostre miserie quotidiane ci accontentiamo di piccoli sussulti, di qualche diniego, di minuscole ammissioni. Camminiamo per il gusto di sorreggerci a questa vita che è molto difficile da combattere tutti i giorni dentro ad un ring. Come Muhammad Alì. Lui si che lo fece e lo fece dannatamente bene.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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