Tutti abbiamo un sogno da coltivare. Da piccoli si vuole diventare grandi per diventare astronauti ed ingegneri, grandi giornalisti o, come negli ultimi tempi, calciatori o veline. Sono sogni ma è davvero bello poterli abbracciare, in silenzio, tra le pieghe del tuo guanciale poco prima di addormentarti. Accarezzare un sogno, sfiorarlo, sperare si possa avverare. Sono quei giochi che riescono bene sempre. Da grandi, magari, si scende dall’astronave, si appendono le scarpette al chiodo e si delimita il campo: si spera in un bel sei all’enalotto o, per stare al passo con i tempi, un lavoro che restituisca dignità alla propria esistenza. Tutti abbiamo un sogno da coltivare e le nostre speranze son figlie del nostro cammino, della nostra esperienza, del nostro stare al mondo. Provate a guardare gli occhi di quei ragazzi ammassati sopra un barcone o vicino ad un confine nel tentativo di far passare dall’altra parte almeno i bambini. Almeno loro. Regalate un sogno a chi ha avuto una realtà appiattita, che non ha avuto il tempo neppure di piangere perché da quelle parti c’è la siccità anche per le lacrime. Immaginate allora quell’uomo che il 28 agosto del 1963, dopo la marcia per il lavoro e la libertà, salì sul palco al Lincoln Memorial di Washington, davanti a 250.000 persone pronunciò un discorso memoribabile ripetendo più volte questa bellissima frase che sarebbe rimasta scolpita negli anni: “I have a dream”, io ho un sogno. Un sogno apparentemente facile da realizzare: lui, Martin Luther King chiedeva semplicemente che ogni uomo venisse riconosciuto uguale ad ogni altro, con gli stessi diritti e le stesse prerogative. Provate a chiudere gli occhi e provate a sognare un mondo fatto così: sparirebbero molti populisti e tutte le persone che continuano a dividere e urlare: “Prima noi, dopo gli altri”. Queste persone non hanno imparato a sognare. Aprite bene gli occhi e provate a cancellarle davanti al bellissimo discorso di Martin Luther King e provate a ripetere, prima sottovoce e poi a gran voce: “I have a dream, i have a dream”. Vi farà sentire meglio in questa giornata. Non dimenticavelo anche nei giorni successivi. Sono passati cinquantacinque anni da quel giorno. Non è importante solo saper sognare ma è bello lottare per far sognare anche gli altri.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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