Quando voglio so essere puntualissima.
Oggi la mia puntualità è stata tanto estrema quanto un po’ inutile. Alle due sono già sulla metro. Adoro la metropolitana in questa città. Ci sono un sacco di persone che la prendono per sedersi e leggere. Voglio farlo anch’io, come facevo una volta. È bello, poi, riemergere da sottoterra, perché c’è ogni volta qualcosa da guardare. Fermata Circo Massimo, viale delle Terme di Caracalla, mi dirigo a caso, come quasi sempre.
Tutti rispondono: “Non sono di Roma”. Al semaforo mi trovo accanto ad un tizio, avrà quasi 50 anni. “ Ma è qui che suonano?” chiedo. “ Sì. Come l’hai saputo?” “ Facebook”. Appena scatta il verde schizzo via e mi dileguo dentro il parco. Mi siedo per terra sotto un albero e i petali che mi cadono addosso e tutt’intorno facendomi festa come coriandoli mi dicono che avevo ragione. È una giornata da vivere questa. Le ore passano, due, tre, ad un certo punto smetto anche di contarle. Manuel è lì, dalla parte opposta del vialetto, appoggiato al muro e scrive un sms col cellulare. Una stronza gli si avvicina e lo saluta, lui sorride e ringrazia. Fa per allontanarsi e un’altra stronza gli si avvicina e gli stringe la mano. Mi passa a fianco e mi nascondo dietro gli occhiali da sole. Nemmeno si ricorderà che qualche giorno prima gli ho fatto scarabocchiare il suo nome sulla mia borsa, ed era pure contento. L’ho fatto ridere. Mi viene in mente che sono proprio una cretina, mentre stronza numero uno si mette a fare yoga e stronza numero due, carina, fa vedere a tutti la mano umida del sudore di Manuel. Vado a prendermi una birra e mi risiedo per terra. Il tizio del semaforo si aggira tra la gente fino a che scorge Manuel e si salutano come se fossero amici di vecchia data. Quando si dice non azzeccarne una. Mi rimetto il rossetto mandandomi affanculo. O questi suonano dopo questo gruppetto moscio, o me ne vado, giuro. “Dicono che suonano alle 21” ,mi dice uno.
Se perdo l’ultima metro stasera, ho deciso, me ne fotto. L’unico tizio giocatore di basket non poteva non piazzarmisi davanti. Uno più basso si mette a ridere : “Spostati qui che si vede”. Per ringraziarlo gli urlo stonata tutte le canzoni e rischio di accecargli l’occhio sinistro e spegnergli la canna. Ho aspettato lo schiaffo dell’ispirazione davanti alla pagina bianca nei giorni scorsi; l’ho cercato ieri sedendomi su una panchina a Villa Borghese. Non s’ è fatto vivo. E mi ha colpito qui, ora che sono in mezzo alla gente e non ho nemmeno un pezzo di carta. Pure il bis, poi silenzio e alcune luci si spengono. Resto qualche momento davanti al palco mentre quasi tutti si allontanano. È finita, per stasera. Imbocco il viale, le Terme di Caracalla superbe e illuminate. Siamo io, loro e l’indiano col suo carretto di frutta e bibite. Questa città è capace di alleviare il malessere. Cammino ciondolante e sorridente e canto ancora, a voce non troppo bassa, bye bye bye bye bye bye bye bye … Bombay!
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