27 settembre 1956: nasce Paolo Brosio, l’uomo del marciapiede.
Oggi compie 59 anni Paolo Brosio. E voi direte: ma possibile che il 27 settembre, da che mondo è mondo, non sia accaduto nulla di più importante della nascita di un giornalista dal talento dubbio, nulla che più meritasse di essere ricordato in questa modestissima agenda? Lasciamo stare la conversione fulminante al culto della Madonna di Medjugorie, sulla quale si regge oggi il personaggio pubblico Brosio. Lasciamolo stare il Brosio scrittore che racconta come la fede (la fede, non il Fede) lo avrebbe salvato dalla rovina, dopo due matrimoni falliti e la schiavitù da certi vizi da ricco, dimentichiamolo e torniamo indietro alle origini della sua popolarità. È il 1992, la notizia dell’anno è l’inchiesta Mani Pulite. Questo cronista con la faccia da sfigato appare improvvisamente come inviato al Palazzo di giustizia di Milano, agli ordini del direttore del Tg4 Emilio Fede. È un cronista di giudiziaria che, dicono, si sarebbe fatto le ossa a La Nazione, ma è di fatto un esordiente incaricato di seguire la più devastante indagine aperta da una Procura italiana. Brosio sta sul marciapiede, balbetta notizie con gli occhi sbarrati, Fede lo telecomanda e lo cazzia malamente quando la sua corrispondenza non lo soddisfa, lui si scusa e incassa, ogni tanto un tram gli passa davanti sottraendolo per qualche secondo all’occhio della telecamera. In breve questo giovanotto con calvizie e loden da vecchio si guadagna la fama di martire e le sue sofferenze inteneriscono chi assista a quei collegamenti dal marciapiede, andati avanti per tre anni. Ci scriverà delle memorie, l’inviato di Fede: “Novecento giorni sul marciapiede” saranno intitolate, con allusiva e caustica autoironia. Brosio ubbidisce ed esegue, rappresenta con clamorosa evidenza una figura di giornalista sempre esistita ma fino allora mai esibita così platealmente. Su quel momento storico bisogna riflettere: le televisioni di Berlusconi, dopo aver partecipato all’euforia generale scatenata da Mani Pulite, avevano iniziato a prendere le distanze e a sottolineare certi aspetti controversi dell’inchiesta, specie quando a finire nel mirino sarà la gerarchia socialista: il prologo della guerra asperrima tra il potere berlusconiano e la magistratura, non ancora del tutto finita. L’editore, in quello stesso periodo, pianificava la sua discesa in campo e cacciava dalla direzione del suo quotidiano Indro Montanelli, sostituendolo con Vittorio Feltri. Occorrevano penne e voci che sapessero stare al loro posto e rispettassero le consegne. Il docile Brosio, nell’aspetto e nella mitezza, era ragazzo di cui ci si poteva fidare. Un emblema, il simbolo di una certa informazione. Oggi va in televisione a raccontare come sia riuscito a sconfiggere il diavolo che era in lui. Chissà che aspetto aveva, questo diavolo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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