Alcuni anni fa scrissi questo articolo. Trattava del caso Jewell, ora tornato alla ribalta grazie al film di Clint Eastwood. E’ un caso di processo mediatico che condanna un innocente. Un Giro Limoni americano, insomma. La nostra società è giudice, magistrato e boia, molto più di quanto pensiamo. E molto più di quanto pensiamo, di quella società, ne facciamo parte.
Era una di quelle notti in cui anche l’America nera di Atlanta sentiva di poter partecipare, per una volta, alla grande festa, al grande sogno americano. Si festeggiavano i Giochi Olimpici nel grande parco con musica e danze. Migliaia di persone, intere famiglie, si godevano il tepore di quella magica serata, quando ad un certo punto un tizio biondiccio e corpulento, sudaticcio, con la divisa della sicurezza, iniziò a dare di matto, ad urlare, a sbraitare come un pazzo. Via via, tutti fuori, a terra! La gente, inizialmente non capì. Molti presero la via dell’uscita, di fretta, altri si gettarono a terra, altri restarono attoniti, senza capire quello che stava per succedere. Pochi secondi, lo schianto. Un tubo bomba rudimentale, riempito di schegge metalliche, bulloni e chiodi, esplose. 111 persone restano a terra, ferite, due di loro non ce la faranno. La polizia, la famigerata FBI, pensò bene di indagare Robert Jewell, la guardia giurata. Che razza di intuito poteva aver avuto per comprendere che in quel pacco abbandonato c’era una bomba? E’ vero, c’era stata pochi minuti prima la rivendicazione telefonica, ma Jewell era certamente un mitomane, sentenziò la Polizia americana, la bomba l’ha messa lui, chiaro, del resto aveva fatto un corso sugli esplosivi e ci aveva pure i film porno in casa. La polizia indagò l’uomo, eroe misconosciuto, che aveva il torto, peraltro, di non avere il fisico del ruolo, obeso e malaticcio. L’America, in vetrina per il grande evento, preferì la pista del caso psicologico, isolato, dell’uomo solo e disturbato, piuttosto che mettere in discussione le debolezze di una società problematica che recava ancora, 28 anni dopo l’espulsione di John Carlos e Tommie Smith dal villaggio olimpico di Città del Messico, il germe dell’intolleranza e del fanatismo. Solo tre mesi dopo, a riflettori spenti, si scoprì che l’attentato terroristico era opera di Eric Rudolph, adepto della setta Cristian Identity, appartenente al movimento “Supremazia Bianca”, militante dell’Esercito di Dio, antisemita e avverso gli stranieri e gli immigrati. Il suo scopo era di combattere aborto e omosessualità, di boicottare le Olimpiadi come luogo ecumenico di fratellanza, il socialismo globale e i governi americani troppo aperti verso i diritti civili. Rudolph riuscì miracolosamente a nascondersi e a proseguire con la sua attività terroristica per anni, compiendo diversi attentati in giro per l’America, protetto da una rete di complici strutturata e ben organizzata, uccidendo persino un poliziotto. Fanatici, in particolare, che ponevano bombe nelle cliniche che praticavano l’aborto. Il sistema terroristico di Rudolph consisteva nel far esplodere due bombe in sequenza, la più potente all’accorrere dei soccorsi, per amplificare il danno. Si scoprì, tempo dopo, che Rudolph fu sospettato da subito per l’attentato di Atlanta, con una montagna di indizi a suo carico, tra cui ben 15 testimoni che avevano riconosciuto la sua voce nella telefonata di rivendicazione, oltre al rivenditore di armi presso il quale comprava l’esplosivo. Ma nulla. Attorniato persino da una certa simpatia popolare, il terrorista agì indisturbato per altri 7 anni. Nel maggio del 2003, un poliziotto, nel Nord Carolina, fermò un tipo sospetto che girovagava nei pressi di un negozio di alimentari, forse per compiere dei furti, o una rapina. Le impronte digitali non mentirono: era Rudolph. Dopo l’arresto del terrorista, suo fratello si fece filmare, per protesta, mentre con una sega circolare si tagliava una mano, poi riattaccata dai chirurghi. Un sangue piuttosto guasto, quello dei fratelli Rudolph, non c’è che dire. Rudolph confessò tutti i suoi reati, diventò un docile collaboratore, per evitare la pena di morte. Dal suo nascondiglio tirarono fuori oltre 100 kg di dinamite. Così, nonostante fosse considerato uno dei più pericolosi criminali del secolo, Rudolph evitò la sedia elettrica a fu condannato a cinque ergastoli, senza aver mai abiurato alla sua fede di estremista cristiano, antiabortista, avverso gli omosessuali, razzista e antisemita, nonostante un terzo fratello gay e l’avvocato ebreo. E la guardia giurata? che fine ha fatto l’eroe mancato? Dopo aver visto la sua vita messa in piazza ed essere stato a lungo perseguitato dal “sistema”, Robert Jewell fu riabilitato. In particolare, dieci anni dopo quei fatti, ottenne una riabilitazione con il ringraziamento pubblico del governatore della Georgia per le vite salvate. Senza l’intuito di Robert il bilancio della carneficina sarebbe stato di una strage con decine di morti. L’anno dopo, a soli 44 anni, Robert Jewell morì, eroe misconosciuto di una America ancora succube di un Dio bianco, di una famiglia bempensante e di una Patria forte con i deboli, dove chiodi e bulloni in ferro si nascondono sotto il tappeto dell’ipocrisia e dei falsi valori.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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