E’ passato un anno da quel 27 dicembre 2020 quando partì la più grande vaccinazione di massa per un paese di quasi sessanta milioni di persone. Fu un giorno radioso, di speranza, quel vaccino pareva la luce fioca di una candela che illuminava un tunnel nerissimo e molto lungo. Ci sono stati molti morti ed ancora, purtroppo, la lista continua ad essere aggiornata. Durante il 2020 abbiamo assistito al dolore dei familiari che non poterono accompagnare i loro cari neppure per l’ultimo viaggio. Da molte di queste storie è nata una mia raccolta di racconti inseriti in un “e-book” dal titolo molto Spoon River “Sulla collina”. Dei 50 piccoli racconti ve ne propongo uno. E’ la storia di Giampiero Grevi. Aveva 84 anni, era di Reggio Emilia ed era un giocatore di calcio con una storia piuttosto turbolenta. Il racconto prende lo spunto da un fatto accaduto realmente alla fine degli anni sessanta. Il resto è solo pura fantasia, tranne una cosa: la sua morte per covid, avvenuta a dicembre del 2020. Ho sempre pensato che la memoria ci salverà. E’ un buon motivo per leggere questo piccolo racconto. Perché è dalle esperienze che si costruisce il futuro.
Giampiero Grevi, 84 anni. Reggio Emilia, Italia.
Era la fine degli anni Sessanta e giocavo con la Reggiana, la squadra di calcio dove ho collezionato moltissime presenze. Quel gesto nasceva dalla considerazione che l’età ha un peso, anche per un giocatore di calcio. Soprattutto per un giocatore di calcio. Una testata in faccia a un arbitro merita senza dubbio una sentenza dura: per me fu l’ergastolo, il fine pena mai: radiato da tutti i campi di gioco. Al massimo potevo tirare calci a un pallone con gli amici in un campetto di periferia.Fu Domenghini, a quei tempi giocatore del Cagliari, a salvarmi la vita quando pareggiò la prima finale degli europei del 1968 contro la Jugoslavia. Quel gol servì a ripetere la partita e l’Italia conquistò, per la prima volta, la coppa europea di calcio con reti di Riva e di Anastasi. Quella vittoria portò a una sanatoria generalizzata per tutte le squalifiche, anche le peggiori. Fui dunque graziato e ritornai sui campi di calcio a rincorrere il pallone. Certo, una testata non è un bel gesto come neppure le parole pesanti che utilizzò Manlio Scopigno, l’allenatore del Cagliari nel 1970 – l’anno dello scudetto –, contro un guardalinee al quale suggerì dove poteva infilarsi la bandierina. Gli diedero cinque mesi di squalifica. Oggi, neppure se vendi una partita, ti puniscono in questo modo. Erano altri tempi. Certo, altri tempi e altra tempra. Il calcio era forse poesia mischiata con moltissima prosa. Una prosa però scritta in maniera estemporanea. Oggi, tutti imparano le strofe a memoria e nessuno, oramai, recita a soggetto. Non ci sono più Platini, Zidane, Maradona, Baggio, Socrates, Zico, Zola.Non c’è più la voglia di inventare. Tutto racchiuso in un noiosissimo schema.Tranne Gasperini.Ce lo portai io, nel 1977, alla Reggiana. Era un buon centrocampista, aveva la visione del gioco, aveva gli occhi verso il compagno e non verso la porta, sapeva disegnare orizzonti. È l’unico che continua a recitare a braccio ai giorni nostri. Ha portato la sua Atalanta verso stadi sconosciuti. È uno che non molla, che sa utilizzare gli uomini come giocatori e non il contrario. A volte non basta saper tirare un calcio di rigore. A volte, è bravura anche procurarselo, costringere l’avversario all’errore. A volte, è basilare trovare la soluzione adatta alla situazione. Questo lo dico oggi, che ho 84 anni,ed è facile. La mia gioventù fu invece disegnata da quel maledetto colpo di testa non al pallone, ma all’arbitro. Erano altri tempi e io ero, da fiorentino, piuttosto focoso. Il calcio non è pulsione, istinto. Non basta. Occorre saper pensare, riflettere. Il calcio non è solo il momento in cui calci il pallone in rete e segni il gol.Il calcio è l’attimo prima del gol.Così, se avessi creduto a questo, a saper scegliere la frazione giusta, quel giorno non avrei sferrato la capocciata all’arbitro, non avrei subito la squalifica e non avrei dovuto aspettare Domenghini, Riva e Anastasi a concedermi la grazia. Quando son finito a Villa Verde, a Reggio Emilia, mi son detto: “Ssono grande e saggio oramai. È un’infezione. Certo, una cosa maledettamene seria ma i medici sono bravi, attenti”.Un’infezione è come una punizione dal limite. Devi saper sistemare bene la barriera, attendere che il pallone sia colpito dal tuo avversario e non muoverti. Queste cose le devi considerare sempre un momento prima e mai un secondo dopo. Poi, invece, l’infezione non era poi così benigna.Il pallone stava per finire in tribuna.Non avrebbero mai segnato. Ci fu qualcosa che cambiò la direzione del pallone, qualcosa che nessuno di noi conosce ancora bene. Ci fu qualcuno che si mosse. E il pallone entrò in rete. Proprio verso la fine della partita. E questa volta non ci furono più Domenghini, Riva e Anastasi a chiedere la grazia per me. Dal prato alla collina a sognare ancora un calcio di rigore. E a rifletterci prima.
Giampaolo Cassitta, “Sulla collina” – Arkadia Editore, 2020tutti i diritti riservati – ©patamu.com
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design