In una torrida giornata dell’estate del 1988, la nazionale italiana di calcio, nel torneo olimpico di Seoul, si ritrovò a giocare una partita piuttosto facile con la rappresentativa dello Zambia. Il calcio africano era dato in crescita, tuttavia le squadre maggiormente temute potevano essere la Nigeria, il Camerun, il Marocco, non certo quel piccolo e povero staterello privo persino di sbocchi al mare. Lo Zambia sconfisse 4 a 0 la nazionale italiana, che pur non essendo composta dai giocatori titolari, era comunque piena di stelle come Virdis, Carnevale, Ferrara, Tacconi, De Agostini, Evani, Tassotti, Mauro, Pagliuca. Non era una brutta nazionale, tanto che alla fine giunse quarta nel torneo olimpico. Ma, quel giorno, lo Zambia dei Chipolopolo, le frecce di rame, fecero una grande impresa e sgretolarono la “grande” Italia. Per loro fu una grande e inaspettata festa. In particolare, in quel torneo, si mise in luce un giovane attaccante, Kalusha Bwalya, che presto finì per giocare in una delle più titolate squadre europee, il PSV Eindhoven, in Olanda. Oggi è considerato uno dei giocatori africani più forti di tutti i tempi. Il 27 aprile del 1993, Bwalya, doveva raggiungere, dall’Europa, i compagni di squadra della nazionale diretti, in aereo, in Senegal, per giocare una partita delle qualificazioni mondiali. La triste cronaca di quella giornata parla di un motore in fiamme e di un probabile errore del pilota, il quale, a quanto pare, era in condizioni di stanchezza acuta a causa del superlavoro. Perirono tutti. Bwalya, il capitano, seppe della scomparsa nell’Oceano di tutti i suoi compagni di squadra, i suoi amici. Perirono nella tragedia diversi eroi della leggendaria sfida di Seoul con l’Italia, ben sette giocatori: Chabala, R. Mwanza, Mumba, P. Mwanza, Chansa, Mulenga, Makinka. Con quelle giovani vite, scomparve anche la speranza di ottenere delle soddisfazioni sportive per una nazionale che pareva in grande crescita. Una mazzata simile, avrebbe affondato per chissà quanto tempo ogni speranza. Lo Zambia, in vantaggio sulle avversarie per la qualificazioni mondiali, un mese dopo, con la nazionale delle riserve, perse la sfida decisiva contro il Marocco. Ed invece, da quel momento, i giocatori dello Zambia incominciarono a giocare come spiritati, come se, dietro ciascuno di loro, ci fosse a sostenerli e a sospingerli l’anima dei compagni perduti nell’Oceano. Contro ogni previsione, la nazionale del piccolo stato africano tornò persino più forte di prima. Bwalya e i suoi nuovi compagni dunque non si persero d’animo, e fecero, ugualmente, quell’anno, una sorprendente Coppa d’Africa, giungendo, incredibilmente, in finale contro la fortissima Nigeria. Anche se persero quella finale, i nuovi titolari furono accolti in patria come degli eroi. Pochi anni dopo, nel 1996, lo Zambia raggiunse nella classifica FIFA niente meno che la 15° posizione, clamoroso per una nazione africana. Finalmente, nel 2012, allo Zambia è riuscita nell’impresa di alzare la coppa d’Africa. Quasi vent’anni dopo quella tragedia.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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