I rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e dalla corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo (…)
Il 26 agosto del 1789 l’assemblea costituente della Francia rivoluzionaria emanava la Déclaration des droits de l’homme et des citoyens.
Il primo articolo può essere considerato diretta conseguenza di quanto accaduto pochi giorni prima: in seguito alla presa della Bastiglia le campagne francesi divennero teatro di scontro tra i contadini e il dispotismo feudale. La Déclaration, trasferendo sulla carta i principi ispiratori della rivoluzione, metteva alla berlina tutti i pilastri dell‘ancien regime e sanciva il primato della Legge sull’arbitrio del potente. Provate a concentrarvi sul titolo di questo testo. Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Scandendo le sillabe ne si avvertono la portata e la solennità. Immaginate un popolo che dopo una rivoluzione si costituisce in assemblea e decreta l’uguaglianza degli essere umani e il diritto alla felicità dei cittadini non più sudditi. Eppure, un testo di tale peso venne composto di soli 17 articoli, preceduti da una breve preambolo. C’è un qualcosa di attuale, in una dichiarazione che decreta uguaglianza giuridica e sociale, oggi che ancora viviamo un’epoca di disuguaglianze crescenti? Qualcuno potrebbe rispondere che la carta non prevedeva l’uguaglianza economica tra i principi inalienabili e sanciva l’inviolabilità della proprietà privata, con la possibilità, tuttavia, di derogare quando “la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in maniera evidente, e previa una giusta indennità”, (art. 17). Tuttavia, l’idea che l’ineguaglianza economica fosse causa di tutte le altre sperequazioni si sarebbe fatta ancora attendere. Date un’occhiata all’articolo 11: La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge. Non arrossite nemmeno un po’, pensando agli sproloqui a cui vi lasciate andare quotidianamente sui social? I componenti dell’assemblea avevano già intuito i rischi delle libertà di pensiero, quando questa diventa anarchia. Ma sopratutto, non notate, in queste brevità e semplicità, un contrasto assoluto con le leggi e carte di oggi, composte di centinaia di articoli e scritti da qualche decina di azzeccagarbugli e avvocati appositamente per non essere capite? A meno che, nella più rosea delle ipotesi, non si organizzino due fazioni opposte e agguerrite, composte anch’esse da esperti incaricati di esplicare ai meno dotti le ragioni di chi dice SI e chi vorrebbe dire NO.
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