Dall’oblò, l’uomo guardò la terra. Tutta la tensione e l’ansia di quei giorni e di quelle ore, di fronte alla vista del pianeta blu, si attenuò per una attimo. Non c’erano divisioni e confini dall’alto, laggiù, sulla terra. La guerra, la terribile guerra che aveva devastato il pianeta, era finita da soli 16 anni. Si ricordò di un film italiano che aveva visto un po’ di tempo prima. Chissà perché proprio quel film, con quella scena difficile da dimenticare. Una donna si liberava della stretta dei soldati tedeschi, per correre dietro all’autocarro, dove era stato fatto prigioniero il suo uomo, sotto lo sguardo del bambino. Lei corre, e dal camion sparano. Il bambino che urla. Yuri Gagarin, primo uomo ad andare nello spazio, accese il microfono. “Saluto la fraternità degli uomini, il mondo delle arti, e Anna Magnani”. Disse proprio così, o così dice la leggenda. Correva l’anno 1961, 16 anni dopo “Roma città aperta” di Rossellini, uscito nello stesso anno in cui era finita quella terribile guerra. Dallo spazio, alla vista del vuoto e del pianeta senza barriere e divisioni, a Yuri Gagarin venne in mente l’attrice italiana, Anna Magnani, come emblema universale dell’umanità da ringraziare. Una cosa metafisica, che va oltre l’arte, e raggiunge il punto più elevato della profondità umana. “Anna è un animale di teatro e di cinema che non si ripeterà mai più nella storia. E’ impossibile. Sono quelle forze della natura che si scatenano e ti danno un prodotto. Anna era così. E perciò devono lasciarla in pace e farle fare quello che vuole lei.” Sono le parole di Edoardo De Filippo, il grande commediografo. Per quelli della mia generazione, che negli anni ’70 hanno fatto in tempo a conoscere i grandi, grandissimi film del neorealismo italiano, Anna Magnani è un ricordo in bianco e nero, una icona sbiadita da mettere insieme alle narrazioni di famiglia, insieme a Totò, a Gigi Riva, a Maria Callas, a Fausto Coppi. Sai che lei resta l’indiscussa attrice, la più grande di tutte, anche se dalla televisione, ormai, quei film sono spariti, o forse sono confusi nell’infinito bailamme dell’etere di oggi, nella marea di programmi televisivi, nella varietà praticamente infinita dei canali. Ma cosa importa. Anna Magnani, una delle più grandi attrici di tutti i luoghi e di tutti i tempi, è raccontata in storie, aneddoti, canzoni, interviste di chi l’ha conosciuta, libri e biografie. Ma cosa importa, in fondo. Anna Magnani per quelli della mia generazione era già morta tante volte, era una scena di morte ripetuta tante volte, all’infinito. Anna che canta, che ride, Anna che balla e canta con Totò, gli amori di Anna, Rossellini che la “tradisce” per la Bergman, Anna che resta un oggetto misterioso anche per Pasolini, Roma città aperta e Mamma Roma, Anna la sciantosa, Anna la prostituta, Anna la madre, la donna allo specchio, la donna che osserva, che fugge, che urla e che piange. Lo sguardo contrito del prete Aldo Fabrizi che la raccoglie dal selciato, mentre portano via il bambino. Anna che corre, che corre e che muore una, due, tante volte. Anna di fronte alla totale, assoluta ferocia della guerra, all’assenza del lume e della coscienza, Anna di fronte al mitra puntato. Mitra puntato ad una donna, ad una mamma che corre dietro l’amore e alla sua sorte. Anna Magnani, donna fragile che si sentiva sempre triste e infelice nonostante la gloria e gli onori, muore, una volta per tutte, in un letto di ospedale, all’età di 65 anni, vegliata dall’unico figlio e da Roberto Rossellini, il suo vecchio amore. Era il 26 settembre del 1973.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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