Se non hai mai letto niente di Beppe Viola non capisci l’essenza del calcio. E della vita. Perché i resoconti delle partite o, addirittura, ascoltare le sue rarissime telecronache, ti riconcilia in qualche modo con un mondo a volte incomprensibile e futile. Ricordo ancora, in una telecronaca di un mondiale che lui, il Viola, dissertava sulle doti extracalcistiche di tale Michel Platini non occupandosi, minimamente di quello che accadeva in campo. E aveva ragione. la partita era noiosissima, Platini giocava male ed era lecito parlare d’altro. Ma Beppe Viola, nato il 26 ottobre del 1939, oggi avrebbe compiuto 76 anni, ma ci ha lasciato davvero prematuramente il 17 ottobre 1982 , a 42 anni. E’ morto sul campo, durante il montaggio di un suo servizio sulla partita Inter-Napoli, a seguito di un’emorragia celebrale. Gianni Brera, sulle pagine della repubblica scrisse di lui: “Aveva un humour naturale e beffardo: una innata onestà gli vietava smancerie in qualsiasi campo si trovasse a produrre parole e pensiero.” Beppe Viola non era un semplice giornalista sportivo. Anzi, probabilmente non era affatto semplice e non sempre giornalista. Era uno che scriveva canzoni in coppia con Enzo Jannacci, (memorabili Tira a campà e Rido) scriveva sceneggiature di film (Romanzo popolare, dove recitò una piccolissima parte accanto a Ugo Tognazzi e ad una giovanissima e bellissima Ornella Muti, Cattivi pensieri) ed era anche un eccellente scrittore di cabaret (suo il libro del 1974, ormai introvabile e che tengo ben conservato, “L’incompiuter” scritto insieme a Enzo Jannacci). Ha scritto i testi per Massimo Boldi, Teo Teocoli, Cochi e Renato, Paolo Villaggio e Lino Toffolo, ovvero quella che fu “la meglio gioventù” del Derby club di Milano. Parlava non solo di calcio Beppe Viola, sapeva raccontare le storie come nessun altro (qualcuno ricorda, probabilmente Vite vere, la rubrica che teneva sul mensile Linus) e quando io vedo Michel Platini o leggo di lui, il ricordo va a quella stranissima telecronaca, quasi surreale, dove il grande Beppe insegnò a raccontare di calcio parlando d’altro.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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