Di Maria Dore
Chi non ha mai udito quel frammento di discorso, quella frase in tedesco pronunciata con accento della East Coast dal presidente John Fitzgerald Kennedy in occasione della sua visita nella capitale tedesca, Ich bin ein Berliner?
Questa chiosa, inserita da Kennedy e non prevista nella bozza a cui per lungo tempo egli aveva lavorato con i suoi collaboratori, è considerata un capolavoro di retorica politica, insieme all’intero discorso. Non sembra, questa attestazione di affetto e vicinanza ai berlinesi, un’anticipazione dei Je suis Charlie e Je suis Paris seguiti alle stragi occorse in terra francese? Tornando a quel 26 giugno, al di là del lato puramente emotivo- la scelta dell’uso del tedesco aveva esattamente uno scopo emozionale- la celebre frase condiva un duro attacco all’unione sovietica e al comunismo: “ci sono alcuni che dicono che il comunismo sia il futuro. Lasciate che queste persone vengano a Berlino” è un altro significativo passo dell’orazione. La capitale tedesca divisa, oltre vent’anni dopo fu teatro di un altro intervento di un presidente USA; Ronald Reagan nel 1987 si appellò al presidente Gorbaciov con un’altra frase divenuta celebre, “Mr Gorbaciov, tear down this wall!”
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