Il 26 gennaio del 1979, a Palermo, la mafia uccideva Mario Francese, cronista de Il Giornale di Sicilia. Lo uccideva per mano di Leoluca Bagarella e per volontà di Totò Riina e dei corleonesi, che non potevano accettare le inchieste di quel ficcanaso sulla loro scalata al vertice della Cupola, nei sanguinosissimi anni settanta. Uno dei primi ad arrivare sul luogo del delitto fu Giulio, figlio di Mario Francese. Era un giovanissimo praticante giornalista, la notizia di un omicidio lo aveva raggiunto in redazione ma non sapeva che, sul terreno, avrebbe trovato il cadavere del padre. Non lo vide, perché venne trattenuto qualche metro prima da un poliziotto che aveva intuito il dramma di quel ragazzo. Quel poliziotto si chiamava Boris Giuliano. Parlo oggi di Mario Francese perché, quasi quarant’anni dopo, quel mastino della cronaca nera fa arrabbiare ancora un sacco di gente. In questi giorni sta andando in onda su Mediaset un telefilm a puntate che racconta vita e sacrificio di Mario Francese. La sceneggiatura, basata sugli atti del processo, è stata scritta da Claudio Fava, uno che sa bene cosa sia la mafia. Eppure all’editore del Giornale di Sicilia l’idea di raccontare Francese non è piaciuta, al punto tale da diffidare Mediaset dalla messa in onda. Secondo Ardizzone, padrone del giornale e prima ancora figlio del padrone del giornale, l’immagine del quotidiano uscirebbe fortemente danneggiata dalla rappresentazione dei fatti. Secondo Claudio Fava, invece, si tratta di un copione rigorosamente ispirato alla sentenza della magistratura. Ordine e sindacato dei giornalisti hanno espresso forte disappunto per questo tentativo di censura. A me quel che ha dato da pensare è che di questa battaglia legale sulla pelle di un giornalista ucciso si è parlato meno di quanto avrebbe meritato: io mi ci sono imbattuto per caso, su marginali cronache locali. Forse è proprio vero che la mafia non fa più notizia.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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