I nomi di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Aldo Bianzino, Luciano Isidro Diaz, Michele Ferrulli, Carlo Giuliani, Stefano Gugliotta, Franco Mastrogiovanni, Riccardo Rasman, Paolo Scaroni, Giuseppe Uva, ci ricordano quanto sia immaturo il rapporto tra gli italiani e la violenza connessa al potere.
I casi in questione non sono identici ma per tutti si può parlare di brutalità delle istituzioni. Alcune delle vittime sono ancora vive, alcuni episodi sono accaduti durante scontri di piazza, altri nel controllo del territorio, altri ancora in luoghi che dovevano essere protetti e controllati dallo Stato (Cucchi, Bianzino, Mastrogiovanni).
Per alcuni si è giunti a una condanna, per altri ad assoluzioni, per altri ancora i processi sono ancora aperti.
Una differenza importante è quella tra casi popolari e casi su cui è calato il silenzio.
La differenza la fanno i parenti delle vittime, che hanno avuto la forza e la lucidità di non distrarre lo sguardo dall’ingiustizia subita, perseguendo una verità processuale doverosa.
Il caso di Stefano Cucchi è simbolico, ma anche Federico Aldrovandi richiama con forza ognuno di noi a interrogarsi su alcuni limiti della democrazia.
Aldrovandi morì durante un fermo violento, la notte del 25 settembre 2005. Oggi è il 13° anniversario della morte.
Il lavoro svolto dalla madre di Federico, la sua costante e pubblica richiesta di giustizia, l’interessamento da parte di istituzioni e associazioni di cittadini e quello conseguente della stampa, ha ritagliato uno spazio, per Federico, nella memoria e nella vita di tutti noi.
La Democrazia, si dice, è minacciata dalle fake news, dal pullulare di verità private, non ufficiali, non certificate dalle istituzioni.
Nel caso di Stefano Cucchi e di Federico Aldrovandi (e non solo), la Verità, la Giustizia e la Democrazia sono state difese, per il bene di noi tutti, da singoli cittadini, da mamme, da sorelle, da donne che non hanno avuto paura di fronteggiare il Potere e le Istituzioni (che monolitiche e perfette non sono mai) e di chiamare in causa rappresentanti e custodi della Legge, Divise, Gerarchie, che di tanta Democrazia, Verità e Giustizia avrebbero fatto volentieri a meno.
La Democrazia, per me, è non fidarsi mai del tutto del Potere.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design