Questa è la storia di un goal, anche se non è proprio una storia di sport come lo intendiamo oggi. È la storia di un goal fatto trentatré anni fa da un ragazzino di quindici anni e mezzo, contro una squadra che a lui sembrava fatta di uomini che in realtà erano solo diciottenni, che a lui sembravano enormi. L’azione si svolge la mattina del 25 aprile 1985, a La Maddalena, sul campo polveroso della Marina Militare, il Faravelli, attaccato all’Arsenale che entrerà nelle cronache del G8; ma questa è un’altra storia. Si fronteggiano il Ginnasio e il Liceo, le due anime del “Garibaldi”, il Classico isolano. Nell’azione che portò al goal, oltre il marcatore erano presenti altre due persone chiave. Andrea, un sedicenne dai piedi buoni che vide il movimento dell’attaccante e gli pennellò un assist da centrocampo, mandandogli il pallone sui piedi. L’altro protagonista era il difensore, Lorenzo. Studente palaese pendolare, all’ultimo anno di superiori. Lorenzo, tra i grandi, è forse il più grande di tutti. Alto, opulento, meno veloce del piccoletto che sta per infilare la palla tra lui e il portiere, ma potenzialmente letale e insormontabile. Attorno la Primavera ribolle di nuovo tepore, di profumi soliti e di varie combinazioni di verde screziate di giallo. È una giornata bellissima e tutti si godono la partita pensando a quello che verrà dopo. Non che dopo debba succedere chissà che cosa, ma come dicevo c’è una giornata bellissima, è vacanza e gli ormoni festeggiano. Sugli spalti c’è anche colei per cui il cuore dell’attaccante batte con ritmi africani: è bionda, bella, simpatica, inglese e ha appena compiuto quindici anni. Il mondo, quella mattina, è perfetto. Di quel goal probabilmente nessuno ricorda nulla, e anche per questo oggi lo racconto. Al campo ci saranno state almeno cento persone e se non erano cento erano almeno ottanta, quasi mezza scuola. Eppure ho la sensazione che nessuno ricordi. Sia come sia, l’incontro era iniziato da pochi minuti. I grandi sono duri, ma i piccioni si fanno rispettare. Vige un sostanziale equilibrio quando a un certo punto l’attaccante, sulla tre quarti avversaria, vede Andrea portare palla dietro la linea di metà campo. Gli fa un cenno col braccio e parte verso l’area. Andrea è figlio d’arte: suo padre è una vecchia gloria del calcio isolano e suo fratello è proiettato verso la serie C, e forse può ambire addirittura alla A. Andrea invece per il momento ha abbandonato la scuola. Rischia di perdere l’anno ma è stato comunque invitato a giocare. Fatto sta che appena vede l’attaccante, carica un lancio perfetto e manda il pallone qualche palmo più avanti dei suoi piedi. Il portiere, anche lui di Palau, non sa che fare, non se l’aspettava. Lorenzo si fa avanti e cerca di bloccare il pallone ma l’attaccante è più veloce e ha deciso che un’occasione così non si può sprecare: punta il pallone, si sbilancia, tocca di interno collo proprio nel momento in cui Lorenzo gli sbarra la strada e manda la palla alle spalle del portiere. 1 a 0. C’è un altro motivo per cui nessuno, probabilmente, ricorda quel goal -almeno così penso- e riguarda i protagonisti dell’azione. Il portiere, come quasi tutti coloro che erano al Faravelli quella mattina, ha preso la sua strada ed è sparito all’orizzonte. Non so se viva ancora a Palau, forse no. Ma non ho più avuto notizie e ho come la sensazione che non abbia tenuto traccia di quei fatti. Lorenzo, il difensore, è mancato pochi anni fa. Ci eravamo rincontrati su Facebook, per caso, e anche se non c’era mai stata vera amicizia, era stato simpatico potersi risalutare, virtualmente, dopo tanti anni. Il giorno che seppi della sua scomparsa mi tornò subito in mente quella partita e quella incancellabile mattinata di sole. E poi c’è Andrea. Credo che non avesse più ripreso con la scuola, ma magari ricordo male. Fatto sta che ci eravamo persi di vista. Fino al giorno in cui aveva deciso di andarsene del tutto. Aveva più o meno gli anni che sono passati da quel 25 Aprile, 33 o poco più. Eppure, se mi torna in mente quell’azione e chiudo gli occhi, vedo ancora Andrea che lancia, il pallone che vola, Lorenzo che annaspa, vedo il portiere che va a farfalle, sento la palla che si schiaccia sul piede e un attimo dopo la vedo che gonfia la rete e la fa ondeggiare. Poi vedo la polvere, sento le urla, rifaccio daccapo la corsa verso la piccolissima tribuna, sento l’abbraccio degli altri piccioni e l’ abbraccio di Andrea che sorride. Un goal perfetto, in un mondo quasi perfetto.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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