Di solito scrivo “Mi faccio il bunker”, dopo una breve carrellata (Facebook, Repubblica, ANSA ecc), alla ricerca di fatti incresciosi; “Libero” no. Insomma, scelto un episodio, ne cito altri giusto per condire e ci costruisco il pezzo. Oggi invece vorrei concentrarmi su ciò che sta nel mezzo, o attorno, nell’aere, nella zona grigia tra un fatto e quell’altro. Parlo del clima che si respira sui social e ribadisco quanto scritto nel titolo: “Facebook è un brutto posto”. L’argomento è noto e io rischio di esser preso per fesso, o per uno che si attarda con banalità, ma quando vedo la gente che insulta mi cala lo spleen.
Le persone insultano e minacciano su quasi ogni bacheca e su quasi ogni argomento.
Esistono varie procedure, vari stili: c’è chi parte da un tema specifico e spara nel mucchio contro politici, no-vax, immigrati, buonisti, Big Pharma, presentatori televisivi, grillini, piddini, juventini, sardi. Poi c’è chi apostrofa non meglio precisate moltitudini manco fosse Giovanni il Battista, con frasi del tipo, “pagherete tutto, maledetti”. Poi ci sono insulti più mirati, personali, rivolti a pinchi pallini sconosciuti e lontani di cui si conosce solo la foto e il nome; questo accade soprattutto nelle bacheche degli opinion makers o in quelle dei giornali, frequentate da migliaia e migliaia di persone. Come se le discussioni affollate avessero la proprietà di scindersi in campi di battaglia contrapposti: la mitosi della contumelia. Poi ci sono gli insulti –e le minacce- che non si capisce a chi siano rivolti ma che lasciano intendere che il destinatario sa, oh, se lo sa! Essendo però in pochi a conoscere il destinatario, quasi mai è dato sapere se il duello abbia un seguito.
La cosa sta raggiungendo livelli gravi; ho visto gente insultarsi sotto un articolo che spiegava che non serve aspettare tre ore per fare il bagno dopo mangiato; ho visto gente insultarsi e litigare parlando di trasporti. Ho visto, ve lo giuro, gente che si dava del coglione e della testa di cazzo su pagine dedicate alla potatura degli alberi.
Ho visto persone apparentemente normali insultare o evocare pogrom contro persone altrettanto normali. E ho visto persone normali mettere il loro like sotto tutto questo. Ho pensato che, essendo normali, ci sarebbero rimasti male e si sarebbero affrettati a chiedere scusa; è lì che li ho visti rincarare la dose.
Ho visto la complessità, la varietà, le sfumature dell’umano, risucchiate dallo sciacquone di una discussione impazzita.
Mi sono chiesto come pormi di fronte a tutta questa aggressività repressa. E mi sono dato una risposta: non sono adatto a Facebook, e probabilmente neanche al pianeta.
Apposta mi faccio il bunker.
Bastardi!
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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