Ho sempre pensato che ci dovrebbe essere un galateo per gli addii. Qualcuno, insomma, dovrebbe farsene carico prima o poi. Quando finisce un amore, una vita, un viaggio, un lavoro. Quando si conclude un mistero. Un protocollo rigido e burocratico, con tanto di lacrime e gocce di malinconia. Ci pensavo perchè, a dire il vero, tutti siamo stati con il naso verso l’infinito il 21 luglio 1969, il giorno in cui Neil Armostrong mise piede sulla luna. Nessuno però si ricorda che il 24 luglio 1969, dopo appena tre giorni, quel viaggio finì. Armstrong, Collins e Aldrin dovettero osservare con una buona dose di tristezza quel suolo così strano e imperfetto, quella strana collina bianca senza nessun colore, che avevano appena assaggiato e che, come un’amore fugace, dovevano abbandonare. Per ritornare alla terra, all’origine, agli affetti abbandonati solo per qualche mese. Chissà cosa passa dentro il cuore degli uomini davanti ad un addio così enorme e inconsueto. Io, per esempio ero troppo piccolo: avevo dieci anni ma ero un bambino curioso con un nonno che non credette mai a questa strana missione sullo spazio. Non si violentano i sogni, pensava mio nonno. Forse, aggiungevo dentro i miei piccoli anni. Però era bello immaginare qualcuno che aveva camminato sulla luna, proprio quella cantata dai poeti. Ci aveva passeggiato e poi, come un sogno, aveva deciso di lasciarla. Perchè, in fondo, la luna è solo la metafora dell’amore. E della passione. I viaggi, per quanto non definitivi, comunque finiscono. Buon rientro sulla terra a tutti. Fatelo lievemente però.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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