Matthias Defregger, Weihbischof im Erzbistum München und Freising. (Aufnahmeort und Aufnahmedatum unbekannt)
(Per favore, aprite il link in fondo al post).
Il 24 luglio 1969, la Procura della Repubblica dell’Aquila apre un’inchiesta sulla strage nazista di Filetto di Camarda, avvenuta venticinque anni prima. Era la notte tra il 7 e l’8 giugno del 1944, diciassette abitanti di questo povero borgo abruzzese di montagna vennero uccisi e il paese dato alle fiamme.
Ai primi di luglio del 1969, a Filetto ci sono più inviati di giornali che residenti. Un giornalista tedesco mostra ai sopravvissuti la foto del capitano che ordinò la strage. Lo riconoscono subito, anche se è molto cambiato: adesso indossa l’abito talare e dal collo gli pende sul petto un pesante crocifisso.
Si chiama Matthias Defregger. Finita la guerra ha ripreso gli studi teologici, nel 1949 è diventato sacerdote e la sua carriera ecclesiastica è andata a gonfie vele, tanto da essere nominato vescovo ausiliare di Berlino nel settembre del 1968.
Berlino, città simbolo del nazismo e della seconda guerra mondiale.
Defregger non sa che il settimanale tedesco Der Spiegel sta indagando su di lui, si presume con la collaborazione dell’ebreo cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal. Il giornale, in quel luglio del 1969, pubblica la storia, che in Germania esplode con sensazionale fragore.
Non potrebbe essere diversamente, trattandosi di un vescovo sterminatore di civili.
In Italia a prendere l’iniziativa è il deputato comunista Eude Cicerone. Promuove una campagna affinché lo Stato italiano chieda l’estradizione del vescovo in quanto criminale di guerra, contrastato con scarsissimo successo dal parroco di Filetto Demetrio Gianfrancesco, sostenitore del perdono.
E così il 24 luglio il procuratore dell’Aquila Armando Troise, lo stesso che indagò sulla strage del Vajont, decide di aprire un’inchiesta.
Ad agosto, Defregger parla alla televisione tedesca e non nega minimamente le sue responsabilità. Rilascia anzi dichiarazioni sconcertanti, una replica di quel che hanno sempre sostenuto altri criminali di guerra nazisti.
Dice che solo chi si fosse trovato nella sua stessa condizione avrebbe potuto comprendere e ritiene che lo scandalo sia non un attacco a lui, ma a tutta la Germania.
Non ha la minima intenzione di dimettersi.
Nel frattempo, a Filetto viene girato dal regista Osvaldo Civirani un film intitolato Quel giorno Dio non c’era, mentre il colonnello partigiano Aldo Rasero – che in quel giugno del 1944 si trovava in un covo di montagna nei pressi del paese – scriverà il libro Morte a Filetto.
L’inchiesta promossa dalla magistratura tedesca finisce nel nulla, ritenendosi prescritti i reati. Lo stesso accadrà in Italia, dove la titolarità delle indagini venne assegnata al tribunale militare di Roma.
Defregger è morto il 23 luglio del 1995.
In rete si trovano testimonianze originali degli abitanti di Filetto di Camarda, lucide ricostruzioni di quel che avvenne in quella notte di giugno del 1944. Eccone una in questo link: fatemi il favore di concedervi dieci minuti e ascoltarle.
“Quel Giorno Dio non c’era” del regista Osvaldo Civirani.
http://patrimonio.aamod.it/aamod-web/film/detail/IL8600002281/22/matthias-kaputt.html?startPage=0&idFondo=&multiSearch=true&jsonVal={%22jsonVal%22:{%22startDate%22:%22%22,%22endDate%22:%22%22,%22fieldDate%22:%22dataNormal%22,%22_perPage%22:21,%22personeField%22:%22Defregger,%20Matthias%22}}
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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