Nel ‘700 la castrazione, nell’Europa cristiana, degli esseri umani, veniva fatta da un macellaio o da un barbiere, senza anestesia. Spesso l’asportazione delle gonadi maschili provocava infezioni, come il tetano, o emorragie mortali. A volte sopravveniva la morte anche solo a causa del dolore. Dato il divieto della Chiesa di far cantare le donne, si era presa l’abitudine di castrare i giovani più adatti al canto in modo da ottenere le voci femminili del coro. Questo fu il destino di tanti cantori castrati, ma certamente famosa è la storia di Carlo Broschi, detto il Farinelli, considerato, in assoluto, forse il più grande cantante mai apparso su una scena. Nella sua casa di Bologna, certamente stanco delle dispute che, suo malgrado, lo vedevano protagonista, Farinelli, gonfio di malinconia, nel suo dorato riposo, non poteva fare altro che ricordare gli episodi salienti della sua vita. Poteva odiare il fratello, valente musicista, per aver voluto la sua castrazione? No, come poteva odiarlo: ricordava certamente quel dolore atroce, ma a quell’operazione doveva tutto, gloria, onori e tanti, tanti soldi. Ma perché, allora, si sentiva così solo? Cosi malinconico? Cosa era lui? Uno storpio, un essere incompleto, uno scherzo della natura, una controfigura, un dono del cielo, un miracolo nato da quei ferri taglienti, il più grande, l’assoluto in persona? Le cronache dell’epoca, le partiture affidate, le testimonianze degli esperti e dei musicisti di allora, raccontano di un essere vivente capace di cantare con una estensione vocale e una potenza mai sentita prima. A queste capacità, Farinelli aggiungeva doti di virtuoso e di raffinatezza vocale assolute. Per molti esperti Farinelli va considerato il più grande interprete vocale di tutti i tempi e di tutti i generi musicali. Certamente il più eclettico, capace di passare da un registro tenebroso ad uno acuto e gioioso. Celebre la sfida con un famoso trombettista dell’epoca, condotta fino all’ultima, acutissima nota, che vide alla fine il trombettista arrendersi sfinito. Farinelli girò per tutti i più grandi teatri dell’epoca, stabilendosi tra l’altro in alcune tra le più prestigiosi corti europee. Davanti a lui si inginocchiarono i più grandi musicisti dell’epoca, persino il giovane Mozart lo ossequiò con una visita, mentre Handel, al netto delle esagerazioni e delle dicerie, fu suo acerrimo nemico durante il periodo londinese, in quanto Farinelli era affiliato ad un’altra compagnia musicale, quella del compositore italiano Porpora, suo grande maestro. Leggendaria fu, poi, la terapia a base di musica con la quale, si dice, guarì Filippo V di Spagna, affetto probabilmente da una grave forma di depressione, con la quale instaurò una grande amicizia. Nella sua lussuosa villa di Bologna, Farinelli, durante il suo buen ritiro dorato, si rammaricava di non essere riuscito a fare del bene, più di quanto avrebbe potuto. Persona mite e dolce, Farinelli nella sua vita si dice non abbia fatto del male ad una mosca. Per poter ricostruire la sua voce cantata, durante le scene del film che nel 1994 ricostruì, in modo romanzato, la sua vita, hanno dovuto mixare le voci di due cantanti, un tenore uomo e un soprano donna. Ma, a detta di molti esperti, il risultato non fu granché. Tuttavia, la voce di Farinelli resta un mistero adombrato di leggenda, di cui, ancora oggi, a distanza di secoli, la scienza non si capacita. Con le moderne tecniche dello studio del DNA, infatti, è in corso un progetto che analizza i campioni estratti dalle spoglie di Farinelli, per cercare di carpire il segreto di quella meravigliosa, incredibile, pazzesca voce. Che poi, come spesso la storia della musica e dell’arte insegna, non è la scienza a poter descrivere e comprendere i misteriosi labirinti della genialità e del talento assoluto. Così come la musica popolare di oggi è debitrice della malinconia, della tristezza e del pianto degli schiavi africani deportati nelle Americhe, il canto e la musica come infinita ricerca di una patria perduta, il segreto della potenza musicale di Farinelli è nascosto, forse, nella perpetua necessità di dimenticare quei ferri taglienti, di soffocare il dolore fisico e psicologico di una amputazione fisica, e dalla costante, indefessa, infinita ricerca di una parte della propria vita sconosciuta, ma vissuta, perduta per sempre.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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