Giorgio Gaber, in un monologo sull’egemonia dell’America, sparava a un certo punto la seguente battuta: “Se non ci fossero gli americani, noi a quest’ora… saremmo europei”. Il teatro ogni volta veniva giù dalle risate. Erano gli anni Novanta e la guerra fredda non era ancora sparita dietro la curva. La risata fragorosa del pubblico era figlia di quel clima, e della consapevolezza che Gaber, con la solita ironia, diceva il vero: il vecchio mondo esisteva, almeno in parte, in quanto ombra di qualcosa d’altro. Esisteva, ma di un’esistenza dimezzata, perché proiettato verso quella parte di mondo che sembrava andare troppo veloce per poter essere raggiunta senza rinunciare definitivamente alla propria identità. Questo era, o per lo meno, questo sembrava. Il nostro presente ha avuto miliardi di inizi. Uno di questi è, ovviamente, il 12 ottobre del 1492. Ma ce n’è un altro, forse più importante: il 25 aprile 1507. Quel giorno Martin Waldseemüller, cartografo tedesco terminava la sua carta geografica più famosa, la “Universalis cosmographia secundum Ptholomaei traditionem et Americi Vespucii aliorumque lustrationes”, destinata a lasciare una traccia indelebile sulle nostre vite: si tratta infatti della prima carta in cui compaia la parola “America”. Secondo una tradizione diffusa, la famiglia del navigatore fiorentino non ebbe alcun ruolo in questa scelta. Secondo altri studi invece non è affatto così. Wikipedia riporta la notizia secondo cui “la sagoma di proiezione del planisfero del 1507 coincide alla perfezione coi contorni del manto indossato dalla Madonna misericordiosa, dipinta nel 1475 dal Ghirlandaio nella chiesa di Ognissanti, a Firenze, per la famiglia Vespucci”. Vespucci o no, lo stesso autore intese rettificare parzialmente negli anni le indicazioni date nella carta, rimangiandosi la notizia secondo cui l’Amerigo avesse effettivamente esplorato per intero il nuovo mondo. Però ormai “America” aveva preso piede e fu impossibile scrollare di dosso a quel continente ancora vergine, quel nome così nuovo e evidentemente così felice. La mappa di Waldseemüller, dal 2003, è conservata presso la Biblioteca del Congresso di Washington. Dal 2005 l’UNESCO l’ha dichiarata “Memoria del mondo”.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design