Giancarlo Siani aveva solo 26 anni, ma aveva già capito che il giornalismo era principalmente denuncia, inchiesta, ricerca rigorosa della verità senza paura di fare nomi e cognomi. Forse non aveva capito fino in fondo quanto, nella Napoli di quegli anni, la passione onesta per il suo lavoro potesse essere rischiosa. Nel 1985 i giornalisti ancora non venivano protetti dalle scorte, quando certe rivelazioni potevano mettere in pericolo la loro vita. Giancarlo, giovanissimo cronista del quotidiano Il Mattino, tra le redazioni di Torre Annunziata e Castellammare di Stabia aveva scoperto intrecci e connessione tra la malavita organizzata e la politica locale. Li aveva scoperti e denunciati, raccontando i retroscena dell’arresto del boss Gionta e il coinvolgimento del clan Nuvoletta. Sapeva troppo per la Camorra, quel ragazzino con amicizie e confidenti loquaci tra le forze dell’ordine. Lo eliminarono la notte del 23 settembre 1985, nel quartiere del Vomero. Due sicari armati da quello stesso clan Nuvoletta gli spararono addosso due caricatori, mentre stava per scendere dalla sua Mehari. Ci vollero dodici anni perché esecutori e mandanti del delitto venissero condannati. Oggi, trent’anni dopo, Il Mattino dedica la sua prima pagina a quel giovane cronista, troppo coraggioso per poter sopravvivere alle onnipotenti mafie degli anni ottanta.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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