Sono nato a Palermo, il 23 Febbraio del 1965. Sono un uomo del sud. Vi chiederete: perché devo fare per forza il poliziotto? E perché no? E’ un mestiere che amo e mi piace. Non ho studiato anche perché nel mio quartiere si corre sempre troppo velocemente e non ho avuto molto tempo per leggere i libri. Amavo le moto e le automobili. Ho sognato, per anni di fare il pilota. Magari non proprio di Formula uno, ma almeno di qualche categoria inferiore, dove comunque si vince una coppa. Ho sempre desiderato abbracciare una coppa e sorridere forte. Rosaria, mia moglie, dice che sono scimmunito. Però io il pilota, a mio modo lo faccio. Guido la Croma blindata del dottore Falcone, un magistrato che amo e per il quale sono onorato di fargli la scorta. Rosaria mi dice che non dovrei più guidare perché ho un figlio di quattro mesi. Io come sempre sorrido e le do un bacio forte sui capelli neri. Lei, Rosaria, ha 22 anni ed è bellissima. Oggi il dottore Falcone arriva da Roma e noi dobbiamo aspettarlo a Punta Raisi. Solitamente vuole guidare lui. Non perché non si fida di me, ma lui è fatto così e noi lo accontentiamo. Siamo nella Croma apripista io, Antonio e Rocco. Il Dottore Falcone, con la moglie ci segue con la seconda auto. Io guardo quella strada dritta, quell’autostrada forte e sicura che dall’aeroporto arriva alla nostra città. C’è una luce bellissima in questa primavera inoltrata, terribilmente siciliana. Oggi è il 23 maggio 1992. Con Rosaria, se riesco a rientrare veloce a casa, andremo a fare una passeggiata a Mondello. Mio figlio ancora non cammina ma sono sicuro che diventerà un grande pilota di formula uno oppure di aereo. Il Dottore Falcone dice sempre che l’aereo è il mezzo più sicuro di trasporto. Io ci credo, ma a metà. Non ho mai avuto un incidente con l’auto io. Mai. E’ bello fare la scorta allo Stato. Si impara ad essere migliori. Ecco il bivio per Capaci. C’è una luce fortissima. E intensa.
Vito Schifani morirà, insieme ad Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Francesca Morvillo e Giovanni Falcone il 23 Maggio del 1992. Di questa mattanza solitamente si ricorda sempre Giovanni Falcone, grandissimo magistrato. Però – e lo dico per esperienza – gli uomini della scorta sono uomini di Stato. Ne ho conosciuto moltissimi e hanno tutti la passione del proprio mestiere. Un mestiere difficile, assurdo, pericoloso, snervante, ma non ho mai sentito nessuno di loro rifiutarsi di eseguire un ordine. Volevo ricordare Vito Schifani e con lui tutti gli uomini che hanno davvero servito questo paese, proteggendo uomini che combattono contro chi vuole uccidere la democrazia. A tutti gli uomini delle scorte va il mio ringraziamento di semplice cittadino. Grazie anche a loro questo paese è riuscito a vincere qualche battaglia contro le mafie.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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