Ho conosciuto Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In lontananza. Nel senso che, nel periodo in cui erano all’Asinara io vivevo e lavoravo a qualche metro dalla foresteria nuova dove erano alloggiati. Ho rivisto, ieri sera, il film sugli ultimi 57 giorni di vita di Paolo Borsellino e ho capito, meglio rafforzato, l’idea che la paura ha un peso specifico e non va sottovalutata, ma il coraggio ha un peso incommensurabilmente più alto. Falcone e Borsellino avevano pochi sorrisi per noi, giovani ragazzi che ancora dovevano comprendere il marchingegno dello Stato. Loro, nel 1985 a me sembravano vecchi e sono morti rispettivamente a 53 e 52 anni. La mia età di oggi. Ho capito, quando ho divorato le migliaia di pagine del loro rinvio a giudizio, che cosa fosse il senso dello Stato. Sono cresciuto con quella strana consapevolezza, con quella cocciuta voglia di conoscere e di difendere questo paese. Oggi avrebbero, rispettivamente, 76 e 75 anni. Giovani adulti con la forza delle idee. Quelle che camminano con noi e che si sono forgiate per noi. Grazie, semplicemente, per avermi offerto una sigaretta, una sera a Cala d’Oliva. Ancora ne ricordo il profumo. Sapeva di forza e di voglia di continuare. Oggi non fumo più. Ma ho ancora dentro quel sapore dolce e acre di un tabacco che odorava di orgoglio. Lo stesso che da quel giorno mi porto dentro le mie piccole tasche di memoria.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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