Una mattina, il professore di italiano assegnò un tema su un argomento che avesse particolarmente impressionato i ragazzi. Sergio Ramelli aveva 18 anni e dedicò il suo compito a due giovani militanti del Movimento sociale che, pochi mesi prima, erano stati assassinati a Padova da un commando delle Brigate rosse.
Era il 1975. Sergio Ramelli era uno studente dell’istituto tecnico Molinari, a Milano.
Erano anni di violenza politica, di intolleranza, di un odio inconcepibile per la diversità ideologica. Sergio aveva idee di destra.
Le frasi del suo tema arrivarono sui banchi dei compagni di sinistra più politicamente schierati.
Da quel momento a Sergio, ogni giorno, i compagni non fecero mai mancare insulti, sputi e minacce, spesso anche dentro la scuola.
Quando i genitori capirono che così non si poteva andare avanti, si recarono all’istituto per richiedere il trasferimento del figlio in un’altra scuola.
Vennero aggrediti anche loro e invitati ad allontanarsi dalla dirigente della scuola, in quanto causa di disordini.
Sergio Ramelli girava per Milano con un ciclomotore Ciao.
Il 13 marzo, in via Paladini, venne aggredito da un gruppo di militanti di Avanguardia operaia. Due di loro lo colpirono al volto con una chiave inglese. Gli aggressori fuggirono, Ramelli restò per terra. Lo portarono all’ospedale, morì dopo un mese e mezzo di coma.
Solo 12 anni dopo, nel 1987, il pubblico ministero di Milano Guido Salvini scoprì l’identità degli aggressori, traditi da alcuni pentiti della lotta armata.
Erano diventato professionisti bene inseriti nella borghesia cittadina, qualcuno con ruolo apicale in un ospedale di Milano. Vennero processati e due di loro condannati in Cassazione il 22 gennaio del 1990, quindici anni dopo i fatti. Cinque anni e cinque anni e mezzo di carcere per il reato di omicidio volontario e non preterintenzionale, come invece avevano stabilito i giudici di primo grado.
Offrirono alla madre di Sergio duecento milioni di risarcimento.
Lei non li accettò mai.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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