Ho visto cose che voi umani non potete neppure immaginare. È il modo di dire che, si ricorderà, è mutuato da una delle scene più famose della storia del cinema, quel “ne ho visto di cose che voi umani …”, monologo tratto dal film Blade Runner, di cui lo stesso attore Rutger Hauer è coautore, insieme al grande regista Ridley Scott. Così come l’attore olandese ha contribuito ad alcune caratterizzazioni di quella scena finale, come il volo liberatorio della colomba prima della morte dell’androide, dando un taglio più intimista a un film culto sospeso tra lo scenario fantascientifico e l’ambientazione noir. Rutger Hauer nel film interpreta un androide, frutto di ingegneria genetica, fuggito in una Los Angeles del futuro, che cerca disperatamente di sopravvivere al termine con cui essi, schiavi umanoidi inviati nello spazio per lavorare per conto degli umani, sono destinati. Una vita di lavoro e fatica di solo 4 anni. Una rappresentazione simbolica e intensa della tirannia del tempo e della liberalizzazione dal lavoro, della schiavitù di cui noi stessi umani finiamo per crearci attorno, uscita dalla visionaria penna dello scrittore Philip K. Dick, da cui è liberamente tratto il film. Rutger Hauer ha fatto molti film, molti di fantascienza, o di avventura, grazie alla sua eccezionale prestanza fisica e scenografica e forse questo, considerando l’eccezionale interpretazione del barbone ne “La leggenda del Santo Bevitore” di Ermanno Olmi, è stata una gabbia un po’ stretta per le sue eccezionali doti recitative. In quella scena finale, in cui il poliziotto inviato per eliminare gli androidi ribelli finisce per soccombere, l’androide, poco prima del “termine”, fino a quel momento spietato con gli umani, improvvisamente cambia il destino del film, e gli racconta delle incredibili avventure vissute durante la sua schiavitù nello spazio. Si dice che al termine della scena la stessa troupe esplose, commossa, in un fragoroso applauso per il realismo intimista espresso nell’occasione e il potente significato in bilico tra il valore della vita e la rinuncia alla vendetta. Ne ho visto di cose che voi umani… Oggi si potrebbe dire che la spietatezza efferata di quel duello, dove gli androidi ribelli e i poliziotti non si risparmiavano “cortesie”, sembra scomparire di fronte al nostro futurista mondo virtuale, dove l’odio, il pregiudizio, l’insensibilità, la gogna mediatica, la condanna preventiva, la critica gratuita, la bugia infamante, sembra essersi impadronita di questo futuro che stiamo vivendo, forse più inquietante e distopico, in considerazione di ciò, dei bastioni di Orione dove gli umanoidi erano costretti, come schiavi, a lavorare. L’iperbole dell’incipit di quel monologo, entrata nel linguaggio comune per rappresentare qualcosa di incredibile e strampalato, forse potrebbe farci riflettere su cosa ne stiamo facendo di questa piazza virtuale che unisce il mondo con un colpo di clic, che potrebbe abbracciare l’ecumene intero, e che invece sta diventando un calderone ribollente dei peggiori sentimenti e intenzioni, a cui si aggiunge l’avidità di chi specula sulle notizie false, in genere patacche contro gli immigrati, per guadagnare dei soldi a spese dell’ignoranza e dell’odio. Altro che rinuncia alla vendetta. Tuttavia, vorrei dire che oggi, data 23 gennaio del 2017, nel giorno del 73esimo compleanno di Rutger Hauer, l’articolo pubblicato su Sardegnablogger da Nardo Marino, ha superato le 50mila visualizzazioni e i 700 likes. E’ la storia di un immigrato di origine senegalese nel nostro suolo patrio da oltre 30 anni, un brav’uomo amato e stimato da tutti, ormai con nazionalità italiana, che a causa di un banale incidente domestico, acuito da uno stato di precarietà e di indigenza, ha perso la vita. Evidentemente anche storie che evidenziano tratti della nostra anima portati all’empatia e alla comprensione possono, in questo feroce mondo virtuale, emergere di tanto in tanto. Significa forse che, come nell’androide Roy Batti che improvvisamente mostra un volto “umano”, non tutto è perduto dietro la barriera disumanizzante di uno schermo e di una tastiera.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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