Partiamo dal presupposto che leggere è un’attività faticosa. E’ certo molto più comodo starsene stravaccati davanti alla tv, delegando al telecomando la missione di saltellare acriticamente dal un canale all’altro. Oppure consumare un pomeriggio a navigare in rete, sfiorando superficialmente i siti più disparati, appena il tempo per scorgere a malapena i titoli in grassetto e passando oltre quando l’operazione di decodifica richiede più impegno del togliersi la cispa dagli occhi.
Leggere è innaturale.
Chiedetelo ai vostri bulbi oculari, dopo essere stati incollati per ore su una pagina fitta di parole in successione. Chiedetelo al vostro cervello, che ha dovuto decifrare quei segni e trasformarli in suoni, poi ha frugato nella memoria, cercato i significati delle singole parole allacciate a quei suoni, quindi ricomposto il senso delle frasi. Tutto in ridottissime frazioni di secondo, e senza soste. Chiedetelo alla vostra operosità di quanto leggere sia esercizio bastardo: niente occupazioni da fare contemporaneamente, al massimo solo un sottofondo musicale. Niente amici intorno, nessuna interazione se non con le pagine: leggere implica la solitudine. Chiedetelo alla vostra concentrazione, che vi fa tornare indietro a riguardare la riga ogni volta che vi distraete e perdete il segno.
Ma la fatica non è una condanna. Semplicemente svela quanto leggere sia un’attività complessa, che racchiude al suo interno molti aspetti e che ci sarebbero parecchie ragioni per non essere lettori.
Ma quelle per cui esserlo sono infinitamente di più, tutte riconducibili a una sola: il piacere della lettura.
Il sapore ineguagliabile del lasciarsi sequestrare da una storia, pedinare i personaggi spiandoli da lontano o immedesimandosi e sovrapponendosi a loro, la soddisfazione di accarezzare una nuova prospettiva, il privilegio di vivere vicende non nostre come lo fossero.
Oggi si celebra la giornata mondiale della lettura che ci ricorda quanto il libro sia uno strumento unico e prezioso grazie al quale, semplicemente ritagliando lo spazio di un piccolo vuoto nella nostra vita, possiamo riempirla con un mondo possibile. Dove tutto può accadere.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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