Saranno anche specie numerosa e pugnace, quelli che in ogni legge e decreto vedono l’ombra di oscuri interessi imposti da misteriosi poteri forti. Ma nulla possono, sul piano della ferocia, contro i sostenitori dell’esistenza del complotto sportivo, quelli convinti che gli esiti dei campionati di calcio siano decisi ben prima dell’avvio del torneo e che gli arbitri altro non siano se non marionette mosse a loro piacimento da manovratori nascosti dietro le quinte. Tale è sempre stata la dietrologia scatenata da un presunto fallo non fischiato, da un rigore dubbio concesso o da un fuorigioco ignorato che, il 22 ottobre del 1967, il giornalista Carlo Sassi, durante la Domenica Sportiva, s’inventò la Moviola. Bastava rallentare le immagini così da poter distinguere ogni fotogramma, facilitando l’interpretazione della fase di gioco sotto esame e giungendo ad una conclusione univoca che, a velocità reale, non sarebbe stata possibile. Sassi, pignolo come pochi altri giornalisti sportivi, ricorse a questa diavoleria tecnica per chiarire se il contestato gol assegnato a Gianni Rivera in un derby Milan-Inter fosse veramente gol, dacché esistevano forti dubbi sul fatto che la palla avesse oltrepassato la linea di porta. Esattamente mezzo secolo fa, Sassi dimostrò che la sfera era rimasta in gioco e che il gol, in realtà, gol non era. Legittimando la disperazione dei tifosi interisti, convinti di essere vittime di una cospirazione ben prima del presunto fallo da rigore su Ronaldo imputato a Mark Iuliano, in quel tumultuoso Juventus-Inter del 1998. Da allora le moviole sono proliferate, attese alla domenica sera come il momento in cui l’ingiustizia ai danni della squadra del cuore sarebbe stata svelata e gli esecutori materiali del complotto smascherati. In realtà, se non in casi del tutto evidenti, quasi sempre stabilire la verità e uniformare le valutazioni sul singolo caso è molto più difficile, ma poco importa. Valse per quel presunto fallo di Iuliano, oppure per il gol annullato a Turone in un Roma-Juventus. La Juventus ci passava di mezzo quasi sempre, tirata in ballo da quella parte d’Italia convinta che fosse la Fiat, col suo sconfinato potere, il potere forte che dietro le quinte tramava per far trionfare la squadra aziendale. Se poi all’asso argentino Maradona capitava di segnare con la mano in un quarto di finale di un campionato mondiale, allora si ammetteva che l’arbitro – essere umano come tutti gli altri – poteva sbagliare e meritava comprensiome. L’importante, in fondo, era riempire durante la settimana i Bar Sport, dove queste discussioni sconclusionate diventavano pretesto per sfogare rabbie di altra origine, altri mali di vivere. Oggi la Moviola avrebbe compiuto mezzo secolo. Ma forse è morta, uccisa sul terreno di gioco da una nuova diavoleria chiamata Var che, per essere decifrata, necessita di un arbitro e non dell’apposito Carlo Sassi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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