La volete sentire una storia incredibile? È la vita di Ted Kaczynski, genio e criminale, e ora ve la racconto. Due foto rappresentano le due vite di Theodore Kaczinski. Nella prima, scattata nel 1996 subito dopo l’arresto, Ted ha i capelli arruffati, sporchi, una specie di cespuglio cresciuto senza controllo, la barba lunga, l’aria assente e trasandata, un occhio che guarda fisso l’obiettivo ed un altro con la pupilla spostata leggermente verso destra, a tradire un leggero strabismo. Nell’altra foto, datata 1968, Ted sorride sicuro, le mascelle lisce e la faccia curata, alle sue spalle lo stabile dell’Università dove, giovanissimo, insegnava. La stessa persona, nei fatti due persone diverse.
Facile credere che una persona molto intelligente, addirittura geniale come poche altre nel mondo, debba essere per quella stessa natura giusta ed equilibrata. Theodore Kaczinski è la più chiara dimostrazione che questa equazione non ha ragione di esistere. Nato a Chicago nel 1942, Kaczinski è stato un matematico dalle prodigiose capacità mentali che gli valsero il ruolo di docente universitario al prestigioso ateneo californiano Berkeley, ma anche un diabolico criminale responsabile di tre omicidi e 23 ferimenti. Oggi Ted ha 74 anni e sta scontando l’ergastolo in un penitenziario del Colorado. Tutti, nel mondo, hanno imparato a conoscerlo col nome di Unabomber.
Figlio di polacchi, Kaczynski ebbe una carriera scolastica folgorante, laureandosi in tempi record e con il massimo dei voti ad Harvard e poi, all’età di 25 anni, diventando docente a Berkeley. La stessa università dove, nel 1964, si sviluppò la prima contestazione studentesca, la cui onda lunga avrebbe travolto l’Europa qualche stagione dopo. E forse non è un caso. Per i suoi docenti, l’intelligenza dello studente dell’Illinois era strabiliante e i test sul quoziente intellettivo lo dimostrarono. Ma Kaczinsky era anche un tipo solitario, timido, poco incline ai rapporti sociali. Cosicché, senza spiegazioni, si dimise dall’incarico e tornò a vivere per un breve periodo coi genitori, prima di trasferirsi in una capanna, in un bosco del Montana, scegliendo di campare da eremita, senza luce elettrica né acqua corrente. Aveva rinnegato la società, ogni tipo di modernismo, la tecnologia e il progresso, secondo lui solo forme di degenerazione, sposando il fondamentalismo ambientalista e l’anarchismo. Da quel casolare di legno, in culo al mondo americano, Kaczinsky affinò la sua follia iniziando a spedire pacchi bomba, ovviamente con mittente falso. I pacchi erano in realtà pezzi di legno con appiccicata la sostanza deflagrante, un’alchimia inventata dal terrorista, esperto di esplosivi. Iniziò da un collega universitario, nel 1978, investito dall’esplosione in un parcheggio di Chicago, ma senza conseguenze gravi. Poi uno dei suoi pacchi finì dentro un aereo diretto da Chicago a Washington, esplodendo in volo ma, anche in questo caso, senza provocare danni, se non l’atterraggio di emergenza. Ted di esplosivo ne usava poco, ma l’attentato sull’aereo costrinse l’Fbi ad aprire un’indagine. Fu allora che venne coniata la sigla Unabomb: stava per University-Airlines-bomb.
Nel 1985, uno dei suoi pacchi colpì un negoziante di Salt Lake City e, per la prima volta, Unabomber venne visto all’opera, mentre depositava l’ordigno, da una commessa di quello stesso negozio: baffetti, occhiali scuri, la testa coperta dal cappuccio della felpa. Restò l’unico identikit di Kaczinski fino all’aprile del 1996, quando venne arrestato nella sua capanna nascosta nel bosco.
A sospettare di lui non fu direttamente l’Fbi – che per 17 anni brancolò nel buio nonostante le ingenti risorse umane e finanziarie dedicate alle indagini, tra le più sostanziose mai dedicate ad un’inchiesta poliziesca negli Stati Uniti – ma la moglie di David Kaczynski, fratello di Ted.
Ormai nel pieno del suo incontrollabile delirio, nel 1993 Ted aveva scritto e inviato ai principali giornali americani un suo saggio sociologico intitolato “La società industriale e il suo futuro”, nel quale spiegava le ragioni della sua insofferenza verso il mondo. Era una sorta di riedizione del “L’uomo ad una dimensione” di Marcuse, testo sacro per la generazione sessantottina, nel quale si pronosticava un uomo succube della produzione, ridotto a robot da catena di montaggio. Dopo un lungo dibattito, quel manifesto che proponeva l’abbandono della tecnologia ed il ritorno ad uno stato di natura venne reso pubblico e stampato in quasi un milione di copie, perché tutti potessero leggerlo.
Da alcune espressioni di quel manifesto, tipiche del suo lessico e del suo impianto concettuale, David e la moglie iniziarono a sospettare di Ted, con cui non avevano più rapporti da anni. Prima affidarono indagini riservate ad un detective privato, poi interessarono l’Fbi. I cui investigatori misero assieme il legno delle bombe ricavato dal bosco, gli attentati agli ex colleghi accademici di Ted e i sospetti dei coniugi Kaczynski per chiudere facilmente il cerchio e mettere i ferri al geniale terrorista. Il quale confessò tutto il 22 gennaio del 1998, esattamente 19 anni fa, durante il processo concluso con la condanna all’ergastolo. Chissà cosa penserà oggi Unabomber, inorridito dalla tecnologia, nel vederci tutti chini sui nostri smartphone e morbosamente dipendenti dai dispositivi elettronici. Tre morti, 23 feriti, un’intelligenza superiore, mezza vita da eremita e mezza da detenuto non sono bastate a fermare la storia, progresso o degenerazione che sia.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Da Mattarella a Zelensky passando per Sanremo.
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.023 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design