Il 22 dicembre del 1989 il Consiglio regionale della Sardegna approvò la legge 45, probabilmente la più importante tra quelle adottate nell’Isola in materia di Urbanistica e tutela del territorio. Era denominata “Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale”. Presidente della giunta era il democristiano Mariolino Floris. Ve la ricordo, questa legge, perché quando – nel 2004 – venne approvato il decreto salvacoste, si iniziò a parlare di un nuovo regime repressivo contro le iniziative immobiliari sui litorali sardi. L’accusa venne rafforzata e divenne strumento di propaganda politica quando, nel 2006, venne approvato il Piano paesaggistico regionale. Il presidente della Regione era Renato Soru e a Soru, da allora, è rimasta appiccicata l’etichetta di nemico del cemento e dell’impresa turistica. Ma torniamo al 1989: ventisette anni fa, quindici anni prima che Soru diventasse presidente della Regione. Cosa prevedeva la legge 45? Vediamo il comma 1 dell’articolo 12, che contiene le Norme di salvaguardia. Ecco cosa dice: “Nei territori compresi entro una fascia di due chilometri dal mare, fino all’approvazione dei piani territoriali paesistici di cui ai precedenti articoli 10 e 11 e per un periodo non superiore a due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è vietato realizzare opere nuove soggette a concessione edilizia, ad autorizzazione, nonché ogni nuova modificazione dell’assetto del territorio con esclusione delle opere ricadenti nelle zone classificate A, B, C e D negli strumenti urbanistici vigenti ai sensi del decreto dell’Assessore regionale dell’urbanistica del 20 dicembre 1983, n. 2266/ U. E’ altresì vietato procedere all’adozione di nuove varianti agli strumenti urbanistici vigenti. Le varianti sono ammesse, previo nulla – osta della Giunta regionale, quando riguardino la realizzazione di opere pubbliche e quando non rappresentino modifiche sostanziali”. Avete letto bene. Ventisette anni fa, molto prima dell’apparizione di Soru sulla scena politica e con un Consiglio regionale a guida democristiana, si era capito che col cemento sul mare bisognava andarci piano, escluso quello per opere di interesse pubblico e per gli interventi di ristrutturazione. Quella legge prevedeva anche i Piano territoriali paesistici e i Piani urbanistici comunali, insomma l’adozione di regole generale e la previsione di strumenti particolari per stabilire dove e quanto si potesse costruire in Sardegna. Anche se qualcuno vuole farla apparire una scoperta recente, già da allora si sapeva che la regione tendeva a popolarsi in prossimità del mare – si parlava di città lineare già negli anni settanta – e a spopolarsi nell’entroterra. Non sarebbe stata la legge 45 ad invertire questa tendenza e non basta impedire il cemento sulle coste per fermare l’abbandono delle aree interne, però quella disciplina interpretava condizioni di sviluppo ancora molto attuali. Solo che verso le direttive della 45 gli enti locali fecero orecchie da mercante per più di un decennio, ad esempio infischiandosene dell’adozione dei Piani urbanistici comunali: molto meglio procedere a colpi di deroghe e varianti, oppure con vecchi e inadeguati Programmi di fabbricazione. Soru recuperò quelle linee generali e pose delle scadenze precise, termini prima bellamente ignorati, minacciando di intervenire d’imperio se gli enti territoriali non si fossero adeguati. Da quel momento – complice anche una violentissima campagna di stampa nei suoi confronti – Renato Soru passò come il nemico giurato del turismo in Sardegna. Accaddero anche cose surreali. Il Comune di Olbia, che per anni ritenne inattuabile il Piano urbanistico, cambiò improvvisamente idea e riuscì ad approvarlo in tre giorni di seduta fiume, tra il 24 e il 26 agosto del 2004. Puc che poi venne bocciato, perché palesemente illegittimo. Moltissimi Comuni sardi, a 27 anni dalla legge 45, non hanno ancora un Piano urbanistico. Ad esempio quello di Arzachena, patria della Costa Smeralda, centro di colossali interessi immobiliari. Oggi, in prima fila nella battaglia contro lo spopolamento, trovate anche chi, allora, dichiarò guerra ad una pianificazione del territorio basata su regole certe.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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