Il 22 dicembre del 1894 Alfred Dreyfus, accusato di spionaggio, venne condannato per alto tradimento. Una condanna ingiusta, frutto di una macchinazione. Solo l’impegno civile di Emile Zola permise di risvegliare le coscienze e ristabilire la verità, dando un nome ai responsabili della congiura e restituendo la libertà al capitano Dreyfus. Per chi non conoscesse la storia, mi limiterò a dire che Alfred Dreyfus era un ufficiale dell’esercito francese, condannato all’ergastolo, in esilio sull’Isola del Diavolo, dopo un processo farsa nel quale lo si era accusato di spionaggio a favore della Prussia, attraverso la cessione di documenti riservati. Verso la Prussia divampava l’accecante odio dei francesi per la guerra che in quegli anni aveva contrapposto i due Stati. Dreyfus era danneggiato anche da un’altra nota biografica: era di origine ebrea e dovette affrontare il feroce antisemitismo che, allora come oggi, veniva propagandato tra la gente da intellettuali di prestigio, animati da un patriottismo invasato che io, anche nella mia esperienza personale di uomo semplice, ho sempre considerato contrario alla ragione e al buon senso. Per farla breve, Dreyfus era del tutto estraneo ai fatti che gli venivano contestati, ma in lui si individuò un facile capro espiatorio per scagionare il vero responsabile di quell’attività di spionaggio, che la fece franca anche quando le sue responsabilità emersero. Col suo J’accuse, pubblicato sul giornale L’Aurore, Zola sfidò tutto e tutti. Sfidò l’esercito, che aveva deciso a tavolino la condanna ingiusta di Dreyfus; sfidò lo Stato e le sue istituzioni, magistratura in primis, indirizzando la sua lettera al presidente della Repubblica Félix Faure; sfidò tutti quegli intellettuali francesi che, nel presunto colpevole Dreyfus, vedevano la dimostrazione di quanto infido fosse un ebreo. Una celebrità come Zola, giornalista e scrittore di fama riconosciuta, avrebbe potuto starsene da parte e non farsi coinvolgere in una questione delicata, che avrebbe probabilmente potuto danneggiarlo. Ma la grandezza dell’uomo emerge proprio quando cerca di affermare la verità per una questione di principio, senza curarsi delle conseguenze e senza cercare gloria o profitto. Le ragioni di Zola, alla fine, vennero riconosciute, ma lui non ebbe mai la possibilità di vedere Dreyfus completamente riabilitato: quando, nel 1906, al capitano vennero restituiti i gradi che gli erano stati sottratti con una umiliante degradazione pubblica, dodici anni prima, Zola era già morto da quattro anni.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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