Quelle parole, quella cronaca, quell’enfasi misurata, molto professionale, quasi inglese nei modi, me la porto dentro da sempre. Quando vedo le immagini – ma anche la semplice fotografia della Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani – penso a lui: Paolo Frajese. Un volto noto negli anni settanta e ottanta: condusse la Domenica sportiva, Trent’anni della nostra storia e il programma per ragazzi Apriti Sabato. Ma la sua voce rimarrà per sempre unita alla Renault 4 e alla strage di via Fani, quella del 16 marzo 1978. Quelle immagini in bianco e nero si muovono e si modulano al ritmo delle parole di Paolo Frajese. Il tutto raccontato con un unico piano sequenza. C’era solo una telecamera quel giorno. Il 9 maggio 1978. Era tutto fermo, immobile. Le parole giungevano insicure: “Ecco, si intravvede qualcosa, probabilmente è il corpo dell’Onorevole Moro”. Noi, insieme a lui ad osservare quella ferita a morte di una democrazia stanca e racchiusa nei suoi contorti errori. Poi, ricordo di lui alcune telecronache del Palio di Siena, città della sua seconda moglie. Aveva, anche in quelle occasioni, un raccontare misurato e attento. Era un buon giornalista, osservava il mondo e lo riportava. Non costruiva altre sequenze perchè era vietato sgolarsi e inventare storie. Erano altri tempi. Anche per il giornalismo. Era nato a Roma il 22 agosto 1939. Se ne andò in silenzio, con poche parole il 9 giugno del 2000 a Parigi, dove da tempo era corrispondente. Giusto il giorno precedente aveva preparato il suo ultimo servizio. Lui, per me, resterà, irrimediabilmente la voce del “giorno di Moro”.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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