Qualcuno dice che ci sia stato troppo silenzio sulle Foibe, e che esso sia frutto di una rimozione; io credo che la rimozione esista, ma non riguarda la strage avvenuta nelle Foibe; riguarda le sue cause, la sua natura e il dibattito pubblico che in realtà a caldo ci fu (se ne trova ampia traccia nelle teche RAI e negli archivi dei giornali nazionali), e che coinvolse i testimoni diretti più che coinvolgere, come oggi, i nostalgici di qualcosa di indicibile.
Per approfondire suggerisco l’articolo “La storia intorno alle foibe” di N. Bourbaki.
Quando si dice “Foibe” si vuole ricordare le centinaia di persone –per lo più italiane- uccise e precipitate nelle cavità carsiche di quella zona in cui si sono spostati per decenni i confini tra Italia ed Ex Jugoslavia (Friuli, Istria, Dalmazia, Slovenia, Croazia); dimenticando però i campi di concentramento fascisti istituiti in quelle stesse zone pochi anni prima, dimenticando che la resistenza a quella violenza fu multietnica e coinvolse anche molti italiani, e dimenticando soprattutto lo stretto collegamento tra le due ondate di violenza, di cui una (i campi fascisti) può essere individuata come causa e l’altra (le Foibe) come l’effetto.
Nell’Europa degli anni Novanta, dopo il crollo del Muro, erano tornate a galla narrazioni che erano state messe in minoranza dopo la sconfitta del nazifascismo. Tra queste narrazioni si era riaffacciata la nostalgia per le terre che dopo il 1947 erano passate dall’Italia Fascista alla (Ex) Jugoslavia. Non solo. Nel 2000 il Governo italiano aveva istituito “La Giornata della memoria”, per ricordare le vittime della Shoah. Dopo quattro anni il governo Berlusconi aveva istituito “il Giorno del ricordo”, per celebrare appunto le vittime delle foibe e controbilanciare/disinnescare (questo era il vero obiettivo) l’effetto mediatico dell’altra ricorrenza.
Va tutto bene. Ricordare le vittime di quegli eventi, dell’ennesimo spostamento di confini e del sentimento di vendetta verso i crimini fascisti, è giusto. Quello che non è giusto è manipolare la storia per ridare dignità a qualcosa che la dignità l’ha persa per sempre nella marea nazifascista che spazzò l’Europa nella prima metà del Novecento. Alcuni, troppi, approfittano della confusione e del bisogno di semplificare, per lasciar intendere che “Le Foibe” furono una Shoah a parti invertite. In realtà le Foibe ci indicano le stesse cose che ci vengono indicate dalla Shoah perché furono l’ennesimo effetto violento e sanguinoso del Nazifascismo, il cui peso va per questo caricato interamente su chi si prese la responsabilità di devastare l’Europa nel tentativo di “purificarla” dagli Ebrei, dai Rom, dagli Omosessuali, dai Comunisti e, in generale, dagli Altri. Sarebbe bene che da quella commemorazione sparisse dunque ogni tentazione di tipo filofascista, di ricordare qualcosa solo per poter dare un po’ di colpe anche alla parte opposta di allora e, per un improbabile riflesso, a quella di oggi.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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