Mi diverte leggere i vari consuntivi di fine anno che sono molto più reali delle previsione dell’oroscopo di inizio anno. I primi sono il risultato di ciò che si è avverato, i secondi sono solo giochi in mano a persone furbe che ci speculano e vivono molto bene. Ho deciso di stilare anche io una speciale classifica di ciò che è stato il 2018 senza voler essere obiettivo e scientifico ma solo per gioco. Non prendetela troppo sul serio: è una pagella di uno che non ha mai insegnato e che quindi non sa dosare i voti.
4 marzo. La data della Caporetto del Pd, di ciò che è stato Matteo Renzi e di ciò che poteva essere. Chissà, se avesse vinto il Pd avremmo avuto le opposizioni (Lega e cinque stelle) sulle barricate per una finanziaria lacrime e sangue, per il ritardo con la quale sarebbe stata presentata e con le frasi di circostanza buone per tutte le stagioni: il parlamento utilizzato come bancomat. Per fortuna le cose sono andate diversamente. Quattro a tutti.
Cristiano Ronaldo. Mettetela come vi pare ma chi ce l’ha in squadra gongola e chi non ce l’ha rosica. Un acquisto azzeccato, una tempesta perfetta. Basterà alla Juve per vincere la coppa dalle grandi orecchie? Il consuntivo è positivo, sulle previsioni nulla dico perché non ci credo. Sette meno meno. (anche perché personalmente amo Messi)
Francesco Pigliaru. E’ sempre stato un uomo “non urlante”, capace di ascolto e di mediazione. Avremmo voluto che si facesse sentire più spesso e che facesse qualcosa di sinistra. Non l’ha fatta un po’ per colpa sua e un po’ perché la sinistra è morta e sepolta da troppo tempo. 5, di stima.
Claudio Baglioni. E’ stato bravo a reinventare Sanremo, a piazzare Favino come co-conduttore, a rimettersi in gioco e a presentare uno spettacolo per i suoi primi cinquant’anni dove tutti abbiamo cantato, anche i radical chic che apparentemente non lo sopportano, ma hanno limonato con Questo piccolo grande amore. Otto per le canzoni che ci hanno riportato alle prime storie (e per gli anziani sono le migliori).
Elisa. Non era facile scrivere forse il più bell’album musicale del 2018 e non era facile riuscire a far cantare in maniera così profonda e roca Francesco De Gregori. Rimarrà una perla rara in un universo canoro sguaiato e troppo rappato. Saper cantare con quattro note e giocare con le voci non è da tutti. Dieci. Chapeau.
Marco Travaglio. Il guitto che non morde e da tempo non fa più neppure sorridere. Irridere chiunque tranne alcuni non è quello che aveva promesso. E’ riuscito a farci diventare antipatico anche Giggino. Quattro. Dovrebbe meditare sui troppi errori.
Roma. Un film in bianco e nero curatissimo nei particolari, bellissimo per la fotografia e la scelta degli attori. Purtroppo non c’è la storia o se c’è è troppo camuffata. Assolutamente sopravvalutato. Ci ha guadagnato solo Netflix, un po’ meno i botteghini. Cinque per la bellezza e la purezza delle immagini. Solo quelle.
Roma. Nel senso della città. Magistralmente cantata da Barbarossa nel suo ultimo album, rimane sempre la più bella città del mondo ma meno eterna. Neppure troppo eterea. La sindaca Raggi avrebbe dovuto dimostrare la capacità organizzativa e propulsiva del movimento cinque stelle e ha fallito. Non è facile governare Roma ma non era facile per nessuno. La spocchia non serve per costruire un paese e la “monnezza” avanza. Cinque, solo per l’amore che nutro per la città.
M. Il libro di Antonio Scurati. Monumentale, ambizioso, una carrellata di avvenimenti storici messi tutti in fila che raccontano l’ascesa di Benito Mussolini. Forse qualche refuso di troppo e qualche piccolo errore ma merita la lettura. Grande capacità di focalizzare ciò che è stato il fascismo e quello che oggi chiamiamo populismo. Un ritratto per comprendere da dove siamo partiti e perché ci troviamo con questa storia. Otto, per il coraggio e la bravura.
Dinamo Sassari. Sembra essere la Cenerentola che dovrebbe riuscire a conquistare il principe ma per ora è ferma a casa, senza la scarpetta, in attesa che qualcuno bussi alla porta. E, magari, non è neppure il principe azzurro. Delusione cocente e non è bastato, a quanto pare, il cambio di coach. Così si rischia di non partecipare alla final eight e ai play off. Cinque, di stima.
Bandiera quattro mori. Le bandiere indicano il luogo, la storia, in alcuni casi la leggenda. Con le bandiere non si scherza: ci sono lotte e guerre dietro i simboli. Mi sono sinceramente stancato di vederla ad ogni manifestazione sportiva interplanetaria, ad ogni concerto, in ogni piazza virtuale a sventolare per racontare che proprio lì c’è un sardo e la sua sardità. Spiegatemi quanta ce ne potrebbe essere dentro la Lega di Salvini e che senso ha sventolarla da quelle parti. Otto (sette alla bandiera, 1 a chi la usa con abuso)
Sulla mia pelle. Il film sulla storia di Stefano Cucchi. Il film più duro, più crudo, più apparentemente irreale che ho visto negli ultimi anni. Ho chiuso gli occhi per la vergogna, per la rabbia, per chi doveva difendere quel ragazzo e non l’ha fatto. Sui titoli i coda ho cantato “anche se ci crediamo assolti, siamo tutti coinvolti”. Dieci. Otto al film e due a chi ha massacrato un ragazzo.
Slot machine. Voto facile. Però una cosa c’è da dire: si voleva eliminare questa piaga e mi era sembrato di capire che nelle intenzioni del governo c’era quasi l’esigenza di limitare le maledette macchinette. Non è andata così e, a quanto pare, sono aumentate le tasse sulle slot. Lo Stato continua a guadagnarci e a non voler risolvere questa vergogna. Due. Alle slot e a chi non fa niente per bandirle in maniera definitiva. (e nessuno provi a dire: e allora il PD? In questo caso siamo tutti complici)
E allora il PD? Lo slogan dell’anno, il mantra che ci ha accompagnato in questi ultimi mesi, insieme ad altre frasi tutte ripetute come una preghiera laica: compratevi il maalox, rosiconi, fateci governare. Non mi piace chi riesce, con arguzia e furbizia, dare la colpa sempre ad un altro. Da piccolo non ho mai incolpato un mio compagno di scuola o di giochi e, a volte, le ho prese in silenzio. Erano altri tempi, certo. Mi aspettavo dal governo del cambiamento un cambiamento di rotta e non l’accusa ad Eolo sul fatto che non facesse spirare il vento scelto dal comandante. Quattro, perché non si cresce dando la colpa agli altri.
Michela. E’ il simbolo di questi tempi dove gli uomini (intesi come maschi) fanno una pessima figura. Sono piccoli, narcisi, inutili, incapaci di prendersi le responsabilità, fregnoni, egoisti e inutili. Assassini. La cosa peggiore non è prendersela con la propria compagna o i propri figli. La cosa peggiore è che ci siano uomini (sempre di maschi si parla) che possano solo pensarla una cosa del genere. Da maschio mi vergono. E parecchio. Dieci con lode a tutte le Michele anche sfiorate dai maschi. Zero (anche meno) a tutti i maschi che hanno pensieri del genere. Figuriamoci se li mettono pure in pratica.
Gatti. Non ho nulla con questi “quasi” simpatici felini. Non ho però, con loro, nessuna empatia. Mi urtano i loro musi, il loro accovacciarsi sulle poltrone, il loro mettersi in mostra su facebook. Poi, però ci penso e mi rendo conto che sono i loro umani a postare i gatti senza che questi abbiano mai dato il consenso. Verrà il giorno in cui accadrà il contrario e io sarò salvo. Non avrò nessun gatto che mi potrà postare su facebook o su muzzlebook. Cinque ai gatti in generale e due a chi li usa quotidianamente su facebook.
Mi direte: e Salvini? Renzi, Conte, Grillo, la Ramazzotti che lascia Virzì, Asia che lascia Corona, Di Maio, Fico e Di Battista? Diceva un vecchio amico: mica posso fare tutto io e poi, di questi ne hanno parlato abbondantemente tutti. Ultima cosa: otto a Sardegnablogger che ha festeggiato i suoi primi cinque anni e continua a navigare, forse senza bussola, forse senza meta ma è una redazione fatta di cuori viaggianti e curiosi e ci sarà anche nel 2019. Dieci, invece, ai nostri lettori. A tutti voi auguriamo un leggero 2019 (che il maalox costa e non è mutuabile)
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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