Fidel Castro, Prime Minister of Cuba, smokes a cigar during his meeting with two U.S. senators, the first to visit Castro’s Cuba, in Havana, Cuba, Sept. 29, 1974. (AP Photo)
Nel 2002 sono stato a Cuba. Era un viaggio da sempre ricercato. Ci andai quando Fidel era ancora Fidel, il “lider maximo” e quando l’embargo americano mordeva la piccola isola governata dall’hombre vertical. Mi sono sempre piaciuti gli ultimi, quelli che riescono a sconfiggere i più grandi, i più forti, i più prepotenti. Mi sono sempre piaciuti i sogni, gli ideali, la voglia di cambiare. Quando Fidel saliva al potere, nel 1959, io stavo per nascere. La mia vita, si può dire come una metafora, sino ad oggi era legata al potere di Fidel che, di fatto, è durato per 57 anni. Non è stata una democrazia ed è stata la distruzione di un sogno che noi da giovani avevamo coltivato. Lui e Che Guevara: minores tra i majores. Ci avevamo creduto in quella strana rivoluzione contro “los americanos”, contro gli odiati “gringos”, contro quelli che girano armati a vendere democrazia nel mondo. Fidel era lì a dire che Cuba era la sua terra e non strada di conquista per statunitensi che amavano sorseggiare Rum sul lungomare dell’Avana e divertirsi con le ragazze chiamate volgarmente “jenetteras”, cavallerizze. Poi, però, le cose sono cambiate e la rivoluzione si è sbiadita. Nel 2002, quando sono stato a Cuba ho osservato con curiosità quella rivoluzione mancata, quella povertà sobria, seria, dismessa. Quel popolo che attendeva. Gli Stati Uniti d’America con i suoi colori, cominciava a farsi strada negli anfratti di un’isola ormai allo stremo: la Russia aveva abbandonato Fidel, il sogno dei paesi non allineati si era ormai concluso. Assistevo – e me ne rendevo conto – al tramonto di un sogno. Oggi, a 90 anni, Fidel ci abbandona e da oggi la mia strada non sarà più accompagnata dalla rivoluzione di Fidel. Ho amato molto quel “sogno di una cosa”, quella voglia di riscatto, quella scommessa sulla scolarizzazione, sull’eccellenza sanitaria, ho amato molto quel rigurgito contro tutto e contro tutti. Ho amato meno la testardaggine di voler rimanere “lider maximo” a tutti i costi e con tutti i mezzi. Fidel è stato un sognatore, un visionario, un combattente ma è stato, nella stessa misura anche un dittatore. Io ho visto Cuba e ho visto l’Avana. Ho sentito il sapore dolce di quell’isola, ho annusato tutti i colori. Dopo Fidel Cuba ha diritto ad un’altra possibilità ma senza Fidel probabilmente quella possibilità non l’avrebbe mai avuta. Addio compagno Fidel, addio alle tue fantasie e alle tue infinite contraddizioni. Cuba, da oggi, non sarà più la stessa.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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