Sai, vecchio puttaniere, ti immagino da giovane simile al cliente di casino della foto così poetica qui sopra, con i pantaloni frettolosamente buttati sul letto, pronto a darti una risciacquatina e a reindossarli. Volevo dirti che l’ho scoperto soltanto pochi anni fa perché Indro Montanelli mi è sempre stato sui coglioni, anche quando era un eroe dell’antiberlusconismo e io mi chiedevo: ma è possibile che noi della sinistra abbiamo bisogno di un arnese del genere? C’era qualcosa in lui che non mi sfagiolava, qualcosa di brutto. E non parlo di ideologie. Parlo di cose sepolte in fondo all’anima e che non capisco bene, ma che ogni tanto salgono a galla con un’occhiata, un accento o una scrollata di spalle. E poi è successo che soltanto qualche anno fa mi capitasse tra le mani “Addio a Wanda”, il famoso libello di cui da sempre conoscevo l’esistenza ma che non avevo mai letto, scritto con la sua magnifica scrittura e in cui se la prendeva contro Lina Merlin e la sua legge che chiudeva le case di tolleranza controllate dallo Stato e istituiva i reati di sfruttamento e induzione alla prostituzione. Diceva che la legge era un colpo di piccone ai tre valori italiani custoditi e protetti in quei bordelli: fede cattolica, patria e famiglia. Lo diceva in tono falsamente ironico – perché lui ci credeva davvero – in una parodia di rapporto sociologico che trasudava disprezzo verso la donna e rimpianto per i ragazzi che nei casini “diventano uomini”. E non c’è da stupirsi che, intervistato da Biagi, abbia poi raccontato di essersi comprato in Eritrea, durante la guerra coloniale, una “moglie” di dodici anni.
Perché ti parlo di Montanelli rievocando quel 20 settembre del 1958? E’ il giorno che la legge Merlin del 20 febbraio dava come termine ultimo per la chiusura delle case di tolleranza in Italia. Ed è il giorno in cui lo Stato italiano cessò effettivamente di essere un lenone. E da quel 20 settembre cominciò la litania dei nostalgici. Di generazione in generazione. E quindi te ne parlo perché anche tu, vecchio puttaniere, che con la tua faccia avvizzita e saggia dovresti ispirare rispetto e venerazione, racconti i tuoi ricordi di casino. E quando sto a sentirti mi fai un po’ pena. E se talvolta ci sono dei giovani, li metti in imbarazzo. Come accade quando i preti per rendersi simpatici raccontano le barzellette sporche. Via, non è il caso, siete grotteschi.
Appartieni a quella generazione e a quell’area culturale che si ritiene sdoganata da Fellini e dalle sue puttane di celluloide. Ce ne sono tanti che dicono come te: io non sono certo di destra, ma se Fellini ha confessato la sua nostalgia dei casini perché non posso farlo io? E certo plaudi anche alle proposte di questa neo sinistra che vorrebbe di nuovo uno Stato magnaccia che regolamenta la prostituzione. Magari come quello che metteva le bagasce tutte in fila a cosce aperte mentre i dottori controllavano che non avessero roba contagiosa. Che bei tempi!
E se cerchi l’alibi di Fellini, vuol dire che non hai capito un cazzo, di Fellini. Che la tua sensibilità asfaltata di chi paga per scopare non ti ha fatto apprezzare che quel sentimento amaro che assapori nelle sue sbiadite scene di casino, non è nostalgia. E’ tristezza per quell’Italia di merda che ora vogliamo ricreare.
Ma è possibile che nello stesso partito, nella stessa area di governo, ci siano donne e uomini in gamba che mandano affanculo gli omofobi e altre e altri che vogliono nuovamente rinchiudere le schiave nei casini? E accettare che lo Stato prenda i loro soldi.
Se hai letto anche tu “Addio a Wanda”, prova ora a leggerti “Lettere dalle case chiuse”, il libro in cui Lina Merlin e Carla Voltolina (la moglie di Sandro Pertini) raccolsero i messaggi ricevuti dalle prostitute italiane. E capirai che tane di sofferenze, umiliazioni e morte fossero quei luoghi gestiti dallo Stato dove tu ritieni di essere “diventato uomo”. Per quanto mi riguarda, non so quanto quella prima volta io sia “diventato uomo”. Però di quel momento della mia vita ho un ricordo di tenera e reciproca felicità, di due innamorati giovani e immaturi, di ingenui timori (“Ma sei rimasta incinta?”: chiesto due ore dopo), di trasporti nuovi e condivisi che mi suggerivano quanto sarebbe stata ancora più bella la mia vita da allora in poi. Tutte queste cose, insomma, e non soldi, marchette e nervose scopate unilaterali. Mi invidi? Fai bene. Avere bei ricordi, arrivati a una certa età, è importante.
Sai, vecchio puttaniere, anch’io però ho ricordi di casino. Nel 1958 avevo sette anni e abitavo in piazza del Comune, accanto a via Esperson, dove c’era uno dei più rinomati postriboli di Sassari, quelli che tu rievochi nei tuoi ricordi di puttane felici che ti rendevano felice. Il primo ricordo è un flash. Gioco a figurine con gli amici sui ciottoli della strada, accanto al portoncino aperto da cui si intravede una scala ripida di lavagna. E sull’ultimo gradino c’è una donna in sottoveste nera, dalla faccia magra e senza sorriso. Aspetta che un pasticcere (la conosciamo tutti, quella pasticceria) finisca di salire gli scalini. Lui, a metà, si gira verso di noi con un sorriso imbarazzato e ci fa un segno impaziente: “Via, ragazzini, andate via”. Chissà se è solo un sogno.
L’altro ricordo invece non è certamente un sogno. Mia nonna faceva beneficenza e tra le sue beneficate c’erano le “puttane felici” di via Esperson, quelle che secondo te guadagnavano bene e magari si divertivano anche. Non dava loro soldi, anche perché non ne aveva tanti, ma roba da mangiare, per lo più generi non deteriorabili che quelle donne potessero spedire alle loro famiglie. Per arrivare a casa dei miei nonni bisognava attraversare il pianerottolo di casa mia. Le si vedeva salire a testa china, senza il coraggio di guardare mia madre, che faceva finta di niente. E quando andavano via, alcune, ancora sulle scale, aprivano impazienti l’involto di carta turchina degli spaghetti e sgranocchiavano la pasta cruda. Quella roba lì si chiama fame. Hai capito, amico puttaniere, le grasse puttane felici protette dallo Stato?
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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